Primo mondiale alla Corea del Nord tra i fischi
(AGM-DS) - Milano, 22 ottobre - Il fatto che una dittatura assoluta come quella della Corea del Nord, apra alla boxe professionistica fa notizia. E questo e` un punto a favore della piccola nazione asiatica, indicata generalmente come esempio da non imitare sul piano politico. Il riconoscimento e quindi l’ospitalita` ad un evento dove i protagonisti vengono pagati per offrire spettacolo agonistico, significa che anche i dogmi predicati per tanti anni, risultano molto relativi e suscettibili di interpretazione.
L’okay dato dal sommo presidente Kim Jong, la cui statua gigantesca domina la piazza principale della capitale Pyeongyang, vigile urbano di un popolo che non ha problemi di traffico, visto che il lusso di famiglia e` il possesso di una bici, presupponeva anche un prezzo. Non scritto ma sottinteso: il titolo iridato doveva premiare la rappresentante coreana, per la gioia del popolo grazie alla magnanimita` di Kim Jong. I fatti hanno confermato che gli organizzatori hanno preso alla lettera l’avviso e per rispettarlo non hanno badato ai mezzi.
Il mondiale in gioco era quello dei supermosca WBC, detenuto dalla messicana Ana Maria Torres di 27 anni (15+ 3-1=) detta “La guerrera”, diventata titolare lo scorso aprile. Dotata di grande temperamento, sapeva che andando nella tana della sfidante avrebbe rischiato non poco. Si era detta comunque sicura di potercela fare, ritenendo che l’esperienza alla fine avrebbe fatto la differenza.
Myung Ok Ryu La beniamina di casa non aveva un compito facile, considerato un apprendistato molto breve, solo quattro incontri, tra le professioniste.
L’andamento del confronto, seguito da una folla di oltre 10.000 spettatori riuniti a Gaesung, una cittadina nell’interno del paese, con l’aggiunta di 2000 turisti sudcoreani invitati per l’occasione, sembrava dar ragione alla campionessa, che aveva sopportato con pochi rischi l’arrembaggio violento ma poco preciso della Myung, nella seconda parte dell’incontro prendeva in mano le redini del match e il pericolo per la coreana era quello di finire al tappeto, avendo esaurito tutte le energie. All’angolo della sfidante capivano perfettamente che la situazione stava deteriorandosi e cominciavano a prendere provvedimenti di salvataggio. Le ultime due riprese invece dei canonici due minuti le riducevano di 30” e questo permetteva alla Myung di ascoltare il suono dell’ultimo gong, molto provata ma in piedi. Tanto bastava per convincere due giudici su tre nell’assegnare un punticino (94-93 e 95-94) mentre l’onesto thailandese preferiva la messicana: 96-93.
Alla lettura dei cartellini il clan ospite non ci stava e faceva capire che la faccenda non sarebbe finita sul ring di Gaesung ma sul tavolo del WBC in Messico, dove risiede il presidente e dove hanno inviato assieme alla protesta ufficiale per annullare il verdetto, anche il filmato del match, qualora ci fossero dubbi sul furto alla coreana.
Staremmo per dire che e` un vizio di famiglia. Ai Giochi di Seul nel 1988, sul ring accaddero cose turche (buoni anche loro)! Vennero favoriti i pugili di casa in modo cosi` vergognoso che l’AIBA apri` un’inchiesta, scoprendo che gli organizzatori avevano riempito di regali i giudici, compresi orologi d’oro veri, non patacche. I colpevoli vennero squalificati ma i verdetti iniqui restarono. In particolare, il superwelter Park dopo aver scippato il nostro Nardiello non ebbe vergogna a (non) battere Roy Jones jr. con un 5-0 che gridava vendetta al mondo. Per salvare in qualche modo l’ingiustizia subita dal futuro pluricampione del mondo di varie categorie, gli venne assegnata la Coppa Val Bakker quale miglior pugile dei Giochi! Si trattava di Corea del Sud. Nel loro piccolo anche i sudditi di Kim Jong, hanno imparato subito la lezione.
di Giuliano Orlando
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