BAGDAD (Iraq) -Sono stati 953 i morti e 815 i feriti. E' questo l'ultimo bilancio delle vittime della gigantesca calca di mercoledì a Bagdad, quando i pellegrini sciiti giunti nella capitale per una festa religiosa sono stati messi in fuga dalla voce sulla presenza di un kamikaze tra la folla. Il bilancio è stato diffuso dal ministero degli Interni.
I COLPI DI MORTAIO - Prima che la folla iniziasse la sua tragica fuga dalla moschea sciita di Al Kazimiyah erano stati lanciati alcuni colpi di mortaio (successivamente rivendicati dal gruppo terroristico di Al Zarqawi) che avevano provocato sette vittime. I fedeli, almeno un milione secondo le stime della tv irachena, si erano radunati nei pressi della moschea per partecipare alla cerimonia di commemorazione del martirio del settimo imam, Mousa al-Kadhim, figura religiosa tra le più venerate dagli sciiti che dà anche il nome alla moschea-mausoleo.
L'ALLARME KAMIKAZE - Quando sono cominciate a risuonare le esplosioni dei colpi di mortaio, la gente si è messa a correre finendo per ammassarsi sopra al ponte sul fiume Tigri, a una delle sue estremità, nel tentativo di scappare: si è creata una ressa gigantesca, e la folla è stata presa ancora più dal panico allorché si sono diffuse voci della presenza di uno o più attentatori kamikaze, in procinto di farsi saltare in aria. La maggior parte delle vittime sono rimaste calpestate, altre sono cadute nelle acque sottostanti del fiume dopo il cedimento delle spallette del ponte. Molti corpi sono stati recuperati dai volontari con l'ausilio di alcune barche e sul posto è continuo il viavai delle ambulanze della Mezzaluna rossa che trasportano i feriti negli ospedali.
IL CIBO AVVELENATO - «I nostri cuori sono colmi di dolore per le vittime della tragedia di Khadimiah - ha dichiarato alla tv satellitare araba Al Jazira il portavoce del Consiglio degli Ulema sunniti, Mohammed Al Kubaisi - , ma è ovvio che è in atto un complotto per disgregare il tessuto sociale dell'Iraq». A suffragare questa ipotesi non vi sarebbero solo i colpi di mortaio (secondo alcune fonti arabe potrebbero esservi stati spari anche contro la folla in fuga) ma anche la rivelazione della tv statunitense Cnn secondo cui tra le vittime almeno 50 sarebbero quelle morte per avvelenamento a causa del cibo consumato nella moschea. Un medico dell'ospedale Yarmouk, Muhannad Jawad, ha confermato gli episodi di avvelenamento ma ha parlato di soli 6 casi accertati.
L'APPELLO AI SUNNITI - Al Kubaisi invita i sunniti, «soprattutto gli abitanti del quartiere di Al Adamiah» - un quartiere sunnita - a «dimostrare la loro solidarietà donando sangue ai feriti ed aiutando i bisognosi di soccorso». Tra i due gruppi religiosi sono forti le tensioni dopo la firma della nuova Costituzione, che i sunniti - etnia dominante negli anni del regime di Saddam - non hanno voluto avallare.
IL TIMORE DI RITORSIONI - «Temiamo ritorsioni degli sciiti, e in particolare di quelli che vivono nel quartiere di Al-Adhamiya, che si trova proprio accanto a quello di Qadhimiya dove è accaduta la tragedia di oggi» ha detto Ahmed Abdel Ghaffur Al-Samarrai, presidente dell'ufficio che rappresenta i sunniti arabi iracheni, dopo la strage seguita alla fuga dalla moschea al-Qadhim. «Noi condanniamo l'attentato che ha colpito oggi gli sciiti - ha affermato Al-Samarrai intervistato dalla tv araba Al Jazira - e vogliamo che l'Iraq rimanga unito. Temiamo che questa tragedia possa scatenare una guerra civile e abbiamo paura di ritorsioni da parte degli sciiti». Sciiti che accusano non meglio precisati militanti ultra nazionalisti islamici ma anche i seguaci del vecchio regime dittatoriale di Saddam Hussein.
IL LUTTO NAZIONALE - Il primo ministro Ibrahim Al-Jaafari ha annunciato che il paese osserverà tre giorni di lutto per la tragedia che ha colpito la comunità sciita del Paese. Il governo ha inoltre istituito una commissione di inchiesta per indagare sulle cause della tragedia. Ma nell'esecutivo esplodono anche tensioni. Il ministro della salute iracheno, vicino al movimento del leader radicale sciita Moqtada al Sadr, ha pubblicamente chiesto le dimissioni dei suoi due colleghi degli interni e della difesa, ritenendoli responsabili della mortale calca sul Tigri. Lo stesso ministro dell'Interno, Bayan Jabor, ha però accusato un «terrorista» di avere volutamente diffuso la falsa notizia dei kamikaze per provocare disordini. L'emittente tv Al Iraqiya, che ha già sullo schermo una fascia nera in segno di lutto, ha mostrato le immagini di decine di cadaveri che gallegiano sulle acque del fiume o ammassati in strada, nelle aiuole, o nei corridoi degli ospedali della zona. Le immagini sono accompagnate dalla lettura di versetti del corano.
Fonte Il Corriere.it