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preziosa, rarissima.... perfetta!

(vengo anch'io!!!!!![SM=g27830] ) Una ragione sicuramente valida per non comprare la Pagani Zonda Roadster è che costa quasi 600 mila euro (578 mila, per i pignoli), cioè gli stessi soldi con i quali si potrebbe comperare un appartamento di lusso in centro o una villa signorile fuori città.
A parte questo che, comunque, non è poco, altri buoni motivi per darsela a gambe davanti a uno dei prodotti più seducenti e onirici dell'industria automobilistica italiana non ne abbiamo trovati.
Quando si pensa a un'auto sportiva "made in Italy" di altissimo prestigio viene fuori prima di tutto il nome Ferrari. I meno disinformati, tutt'al più, buttano lì Lamborghini e Maserati. I nostalgici, possono azzardare Alfa Romeo, riferendosi al bel tempo che fu.
Ma Pagani certo no.
E, soprattutto, chi è Pagani?
Però basta leggere la stampa straniera - e quella inglese, soprattutto - per scoprire che va scritto anche questo nome nel novero di quelli che il resto del mondo ci invidia.
E, a essere sinceri, è un po' triste pensare che, da noi, viene spesso seppellito da "cavallini", "tori" e "tridenti" (e da "biscioni", sempre per gratificare gli storici).
Loro - gli stranieri - la Pagani Zonda la conoscono bene dal 1999, quando esisteva solo in versione coupé, ed era un po' una mosca bianca nel panorama dell'automobilismo mondiale. E ne hanno sempre parlato bene.
Sorprendentemente bene, visto che, di solito, dalle vetture prodotte artigianalmente ci si aspettano esclusività e dettagli da alta oreficeria mentre, se le si giudica sotto il profilo della resa stradale, spesso e volentieri lasciano alquanto a desiderare.
Ma c'è una logica: se alla Ferrari e alla Porsche occorrono legioni di ingegneri e milioni di euro per costruire auto che possono permettersi di andare non solo molto forte ma anche molto bene, è difficile pensare che un piccolo costruttore come la Pagani, che ha trenta dipendenti e ha messo insieme circa una quarantina di esemplari in cinque anni di attività, possa esibire un prodotto realmente efficace.
Senza andare tanto lontano, basta tornare alle Aston Martin del periodo pre-Ford: belle, seducenti, lussuose e costosissime, ma piuttosto disastrose quando si trattava di "guidarle sul serio".
Horacio Pagani, italoargentino, invece, il miracolo l'ha fatto. Il telaio se lo progetta e se lo fa lui. In carbonio, oltretutto, quindi con una tecnologia che non tutti padroneggiano.
Il motore se lo fa fare da un nome al di sopra di ogni sospetto: l'AMG che, ovviamente, parte da una base Mercedes.
Per il resto, invece, si rivolge al meglio dei produttori specializzati in componentistica (molti dei quali della sua zona, che guarda caso è il Modenese), ai quali, oltretutto, richiede test di affaticamento comprovati analoghi a quelli utilizzati in campo aeronautico, quindi con margini di sicurezza sovrabbondanti.
Su strada, i risultati, sono assolutamente lampanti.
Siamo andati a provare la versione Roadster della Zonda, che da qualche mese ha affiancato la preesistente coupé (che sfiora solo i 500 mila ed è meno richiesta, quindi, trattando un po', magari ci si può arrivare...).
La prima sensazione, a bordo, è quella di un'ampiezza, una luminosità e un comfort inusuali, visto che, solitamente, le granturismo sono piuttosto anguste.
I dettagli sono, naturalmente, curatissimi, realizzati uno per uno, e si presentano magnificamente. All'interno c'è molto carbonio a vista: questo può piacere o no, ma l'effetto "racing" è assicurato.
Il posto guida avanzato provoca una strana sensazione, perché sembra di essere appollaiati sulle ruote anteriori. E poi, da lì, si gode davvero un panorama privilegiato. Non altrettanto si può dire della visibilità posteriore offerta dagli specchietti esterni, piccoli e regolabili solo manualmente.
Il motore, manco a dirlo, si accende con un pulsante, e subito scopre le carte, emettendo un brontolio rauco e inquietante degno di un fenomeno atmosferico.
È un 12 cilindri a V di 7.300 cc e, in proporzione alla cubatura, i suoi 555 CV non sembrano neanche tanti. A maggior ragione se li si paragona, ad esempio, ai 660 di una Ferrari Enzo o ai 612 di una Carrera GT. Ma proprio il fatto di essere relativamente poco "tirato", rende il V12 tedesco eccezionalmente docile e disponibile a girare anche a regimi molto bassi senza recalcitrare.
La base, lo ripetiamo, è Mercedes, e questo non solo è una garanzia di robustezza, ma semplifica anche le operazioni di manutenzione, che possono essere eseguite presso la normale rete di assistenza della "stella".
Dicevamo dei 555 CV, che magari non sono tantissimi rispetto alla concorrenza, però si esaltano al cospetto dei soli 1.280 kg, regalando alla Zonda un rapporto peso potenza di 2,3 kg/CV: roba da vertice assoluto. In effetti, la spinta è sensazionale fin dai primissimi giri. E interminabile, con un allungo che pare non finire mai.
È esaltante la sensazione di avere tutto subito a portata di piede, come accade sulle auto americane, ma contemporaneamente, di essere su una granturismo in perfetto stile europeo, quindi leggera, agile e col motore posteriore.
Sarà anche a causa della posizione di guida così avanzata, ma il volante offre un feeling fantastico. La sensibilità è così suprema, che sembra di girare le ruote direttamente con le mani, senza passare attraverso piantone, cremagliera, servosterzo, eccetera.
Il cambio a sei marce è di tipo tradizionale, senza servomeccanismi, ma è rapido ed efficace come ci si aspetta su un'auto così.
La leggerezza della Roadster, che pesa solo 30 kg più della coupé, si ripercuote naturalmente sulla frenata: i quattro enormi dischi Brembo pare non facciano alcuna fatica a fermare la vettura anche quando si viaggia di gran carriera e li si sollecita senza respiro.
Ma è la guidabilità, la dote migliore della Zonda. Se si è abbastanza determinati (o abbastanza incoscienti) da superare l'impatto emotivo causato da un'auto che costa un miliardo e centodiciannove milioni di lire (detto così fa ancora più effetto), si scopre che la Pagani è straordinariamente facile da guidare. Molto più di altre sportive di pari potenza.
In una sfida virtuale probabilmente saprebbe tenere le ruote davanti a quelle della maggior parte delle supercar più blasonate.
La si calza come un guanto e, come un guanto, mette subito a proprio agio. Le ruote sembrano andare sempre esattamente lì dove si vuole, l'effetto della quantità di potenza che si scaricherà a terra appare chiaro ancora prima di premere l'acceleratore. E se si decide di fermarsi in un punto, è esattamente lì che ci si fermerà.
Tutto questo in modo perfettamente naturale, senza fatica. Ma se si pensa che quest'auto pesa quanto una Stilo, tutto appare improvvisamente più realistico.
La rigidità della "vasca" in carbonio, a cui è attaccata tutta la meccanica, è alla base di una precisione di guida straordinaria, che mette le sospensioni della vettura in condizioni di lavorare in modo ideale e questo, inaspettatamente, si ripercuote anche sul comfort, perché non è stato necessario ricorrere a molle granitiche per ottenere il miglior controllo della scocca.
Se la Zonda vale ciò che costa è difficile da dire. A questi livelli si è abbondantemente fuori dalle normali leggi commerciali. Ma chi decide di spendere una cifra così, punta all'assoluto. E qui l'assoluto lo si tocca di certo.



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