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Maremoto, ora pericolo epidemie


Oms: altrettante vittime per malattia

Tifo, diarrea ed epatite sono le minacce più gravi che incombono sulle migliaia di superstiti del maremoto che ora si ritrovano a vivere in aree devastate e in condizioni igieniche precarie. A lanciare l'allarme è il capo dell'ufficio dell'Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) Jamie McGoldrick. Mentre per l'Oms le malattie potrebbero fare altrettanti morti di quanti ne ha fatti il cataclisma che ha colpito l'Asia meridionale.

Un esperto dell'Oms, David Nabarro, ha affermatoa Ginevra che per scongiurare una catastrofe sanitaria che raddoppierebbe il numero delle vittime provocate dal disastroso maremoto è vitale far giungere subito medicine e acqua pura nei Paesi maggiormente colpiti. "Esiste certamente la possibilità che si possano avere altrettanti morti per malattie trasmissibili di quanti ne sono stati provocati dallo tsunami", ha detto Nabarro.

In assenza di interventi di bonifica, potrebbero esserci epidemie di infezioni intestinali e polmonari. L'Organizzazione mondiale della Sanità ha avvertito che è cruciale inviare subito nelle regioni colpite milioni di pastiglie per bonificare l'acqua e kit di pronto soccorso per la malaria. Domani a Ginevra si terrà una riunione delle organizzazioni umanitarie promossa dall'Ocha per mettere a punto un programma di intervento.

I soccorritori ammassano cadaveri in pile informi, mentre i sopravvissuti cercano disperati parenti e amici negli ospedali affollati, che non riescono a tenere il passo con l'emergenza. Bambini, numerosissimi fra le vittime, vengono sepolti a centinaia in fosse comuni. In fretta perché incombe il pericolo di epidemie.

Il colera è tra le malattie più a rischio

Questa malattia è già presente nella regione asiatica. Nel 2003 la Cina ne aveva riportato 223 casi, l'India 2893. Oltre al ceppo più comune denominato O1, in Asia è presente il O139 poco conosciuto in Europa e apparso nel Golfo del Bengala dal 1992. La presenza di questo ceppo non fa che aumentare l’allarme di medici e degli specialisti, poiché i vaccini ad uso orale disponibili sembrano siano poco efficaci, benché molti paesi li usino come forma di prevenzione. Pur escludendo l’impiego di tale vaccino per la popolazione sfollata, e quindi ad alto rischio, la misura prioritaria per combattere questa malattia resta comunque quella di garantire fonti di acqua pulita e potabile.

L’emergenza acqua diventa quindi una priorità di vitale importanza per le popolazioni locali Se gli interventi in condizioni di emergenza permettono di salvare numerose vite, resta vero però che solo interventi strutturali a medio-lungo temrine possono risolvere il problema garantendo alle popolazioni accesso ad acqua potabile e reti fognarie efficienti. Oltre alle sofferenze umane e ai gravi problemi di sanità pubblica, il colera può provocare sconvolgimenti sociali ed economici anche per il panico e l'allarme sociale che esso crea a livello nazionale ed internazionale.


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01/01/2005 11:12
 
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Maremoto Asia: " Le catastrofi naturali non provocano meccanicamente delle epidemie"


Philippe Guérin è epidemiologo. Lavora a Epicentre, il partner di MSF per gli studi epidemiologici. Gli abbiamo chiesto di parlarci delle conseguenze mediche dello tsunami e ci ha spiegato che il rischio di focolai di epidemie non è legato alla catastrofe in sé ma piuttosto ai raggruppamenti di popolazione.

In termini medici, quali sono le conseguenze di una catastrofe naturale come l'onda anomala che ha colpito domenica scorsa l'Asia del Sud ?

Bisogna distinguere tra conseguenze dirette e indirette.

L'impatto immediato è naturalmente l'elevato numero di vittime. Ma non solo le vittime, anche i feriti di cui bisogna occuparsi prima possibile. La gente soffre di tagli, fratture, e senza cure, in condizioni così precarie, le piaghe s'infettano facilmente.
Poi, il maremoto ha distrutto case e infrastrutture, in particolare i sistemi di approvvigionamento di acqua potabile (pozzi, canalizzazioni, etc..). La distruzione delle abitazioni obbliga spesso la popolazione a raggrupparsi in condizioni molto precarie. E' questo il più grosso rischio sanitario : promiscuità forzata, accesso insufficiente all'acqua potabile, alle cure e al cibo. Queste circostanze possono provocare malattie e favorirne il contagio. Dormendo fuori o in ripari di fortuna, si rischia di contrarre infezioni respiratorie, soprattutto i bambini. Infatti, dopo il Mitch, il ciclone che aveva colpito l'America centrale nel 1998, il 70% delle nostre consultazioni riscontravano infezioni respiratorie perché gli sfollati si raffreddavano di notte. C'è anche un rischio di diarree legate al consumo di acqua contaminata.

Si sente parlare di grossi rischi di epidemie. Di quali epidemie si parla, c'è da inquietarsi?
Il catastrofismo circolante farebbe credere che sia lo tsunami a portare un'ondata epidemica. E' falso. La nostra esperienza in catastrofi naturali mostra che esse non provocano meccanicamente epidemie. Ancora una volta, sono i raggruppamenti di popolazione che propiziano le epidemie.
I media si concentrano sul problema dei cadaveri non ancora interrati o bruciati. Eppure, l'esperienza mostra che sono lontani dall'essere la principale minaccia. Per i sopravvissuti, la priorità in termini di salute pubblica deve essere l'accesso all'acqua potabile e alle cure. Naturalmente i cadaveri devono essere recuperati, ma più per motivi psicologici in questa situazione. In termini sanitari, alcuni cadaveri possono essere vettori di batteri che possono provocare diarree ma senza potenziale epidemico.
Inoltre, per quanto riguarda alcune patologie specifiche (colera, dengue, malaria, ..) occorre che esse siano già presenti nel paese perché possa scatenarsi un'epidemia. Per esempio, per il colera bisogna che il vibrione colerico, batterio responsabile della malattia, sia presente perché di propaghi. Il rischio colera è molto debole in Tailandia, Malesia e alle Maldive, moderato nello Sri Lanka, in Myanmar, in Indonesia e India.

Il rischio è quindi misurato, ma a partire dal momento che il rischio esiste, anche debole, bisogna essere molto vigili. Per identificare al più presto lo scoppio di epidemie, bisogna mettere in piedi rapidamente un sistema di sorveglianza specifica per questa catastrofe. E, in caso di necessità, bisogna essere pronti a reagire rapidamente per curare i malati e tentare di controllare la diffusione. La maggiore difficoltà in questi casi è di attivare il sistema di sorveglianza in zone isolate.

Qual è il ruolo di una organizzazione medica in una simile catastrofe?
Prima di tutto, valutare i bisogni, caso per caso. Le situazioni sono molto differenti da un paese all'altro. Nello Sri Lanka e in Indonesia, i servizi sanitari già molto fragili sono sommersi dall'arrivo di feriti. La Tailandia e la Malesia, meno colpiti e più sviluppati, possono reagire con più efficacia. D'altronde, in ogni paese, ci sono sempre gruppi di popolazione ignorati dagli aiuti, ed è tra loro che noi concentriamo i nostri sforzi.
Noi possiamo essere indotti a intervenire sotto vari aspetti. Possiamo aiutare a occuparsi dei feriti, quando necessario. Ma curare i feriti è l'urgenza dei primi giorni e le Ong arrivano di solito un po' tardi per questo. L'essenziale della nostra azione consiste dunque nell'assicurare accesso alle cure, alla distribuzione di beni urgenti (plastica per i ripari, coperte, ..) e l'approvvigionamento d'acqua per le popolazioni colpite dal disastro. Ciò dovrebbe permettere a breve termine un miglioramento delle condizioni di vita, e limitare la mortalità in caso di malattie. Infine, noi possiamo senz'altro collaborare allo sforzo di sorveglianza epidemiologica. Con questo obiettivo, una equipe di Epicentre si è recata nell'area colpita per appoggiare le autorità sanitarie locali e i volontari di MSF.



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02/01/2005 01:56
 
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Indonesia,prime vittime di epidemie


Si diffondono le infezioni polmonari

Dopo il maremoto, sono le epidemie a minacciare le zone dell'Asia colpite dal cataclisma. Ad Aceh, provincia indonesiana dell'isola di Sumatra, sono già state registrate le prime vittime dei morbi. "Molte persone sono sopravvissute alle inondazioni", ha spiegato un responsabile della Mezzaluna Rossa, "ma hanno contratto infezioni polmonari per aver inalato particelle estranee. Tra le cause di decesso anche polmonite e malattie della pelle.

Proprio ad Aceh, nella provincia settentrionale di Sumatra violentamente colpita dal maremoto, si registra il pericolo maggiore. Agoes Kooshartoro, responsabile dei servizi di soccorso della Mezzaluna Rossa, ha spiegato come polmoniti, malattie della pelle e infezioni alle vie respiratorie stiano cominciando a colpire i sopravvissuti allo tsunami. Negli ultimi cinque giorni in tanti sono periti per tale ragione e il tutto è destinato con ogni probabilità a far superare la stima dei morti fornita finora dal governo di Giacarta, circa centomila, di cui ottantamila solo nel capoluogo provinciale Banda Aceh e dintorni.

Sebbene i primi aiuti stiano affluendo, troppi tra i superstiti non hanno poi accesso alle cure mediche essenziali.

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02/01/2005 09:52
 
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Cinque milioni di persone rischiano di soccombere




Cinque milioni di persone rischiano di soccombere perché prive delle risorse necessarie alla sopravvivenza. Il maremoto di domenica scorsa ha risparmiato loro la vita. Ma per tutta questa gente i giorni che verranno promettono sofferenze maggiori. Notti senza un riparo, punture di insetti, niente cibo, tantomeno farmaci.
Un altro allarme dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità. Nel palazzone di Ginevra e nelle sedi distaccate specializzate nelle grandi emergenze le luci sono sempre accese, i tecnici elaborano previsioni per pianificare strategie di intervento che limitino i danni dell’immane catastrofe. «E’ il disastro ambientale più grave degli ultimi decenni - non trova nuove parole il direttore generale, Lee Jong-wook, coreano, da un anno e mezzo alla guida dell’Agenzia -. Le necessità di carattere sanitario di questa popolazione sono urgenti e consistenti. Cinque milioni di persone non hanno accesso ai generi di prima necessità». Secondo l’Oms per garantire acqua potabile, cibo, un ricovero e cure a 3-5 milioni di persone servono 40 milioni di dollari, l’equivalente di 29 milioni di euro. «Ci dobbiamo preparare ad assistere per 6-8 mesi almeno 2 milioni di sopravvissuti», calcola Massimo Barra, vicepresidente Croce Rossa italiana, nel valutare l’impegno cui dovrà rispondere l’organizzazione.


STENTI - Ma che significa non possedere le risorse fondamentali per non morire? Lo racconta Alberta Caldarelli, medico di Médecins sans frontière s, esperienze sul campo in Angola, Burundi, Haiti, tanto per ricordarne qualcuna: «Ho visto gente soccombere agli stenti, bambini che se ne andavano per malnutrizione, malattie, mancanza di tutto. E’ una popolazione molto povera, ma che comunque possedeva un orticello dove raccogliere il cibo, quindi non provengono da anni di malnutrizione, come in certe zone dell’Africa. Il pericolo sono le malattie. Ci sarà una strage di bambini».
Anche l’Oms conferma, la minaccia peggiore che incombe sugli sfollati adesso sono le epidemie. Tra gli interventi più urgenti viene elencata «la fornitura di presidi medici e chirurgici per soccorrere la popolazione in stato di choc e i feriti. E’ indispensabile che abbiano un supporto psicologico».

Fonte Corriere.it



13/01/2005 19:14
 
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"Malaria può ucciderne 100mila"



Allarme in Indonesia dopo il maremoto

Se non saranno presi provvedimenti urgenti la malaria potrebbe provocare 100mila vittime nelle zone colpite dallo tsunami. L'allarme viene da uno dei massimi esperti in materia, il dottor Richard Allan, che dirige la Mentor Initiative, il gruppo che coordina e organizza la lotta alla malaria in Indonesia. "La combinazione tra lo tsunami e le piogge stanno creando un enorme bacino di coltura per le zanzare, non c'è mai stato niente di simile".


Richard Allan ha aggiunto che, oltre all'aumento delle zanzare nella regione, a favorire una possibile epidemia di malaria ci sono anche le condizioni della popolazione. Infatti stressati da malattie, difficoltà, emergenze, con un sistema immunitario messo a dura prova da tutto quello che è accaduto, gli abitanti della zona sono particolarmente vulnerabili a possibili epidemie.

Per l'esperto la cosa essenziale è iniziare, e al più presto, una campagna di bonifica, spruzzando insetticida nelle zone maggiormente infestate dalle zanzare. L'Organizzazione mondiale della sanità ha detto che in Indonesia, nella zona colpita dallo tsunami il 26 dicembre, si sono registrati già sette casi di malaria anche se non si è ancora entrati nel periodo abituale di diffusione della malattia. Un problema in più oltre ai tanti che già devono affrontare le popolazioni locali.

Intanto, l'ultimo bilancio del sisma in Indonesia ha toccato quota 110.229 vittime. Altri 4.000 morti in più, secondo quanto comunicato dallo stesso governo di Giacarta.


Fonte TG.COM

[Modificato da m.harlock 13/01/2005 19.16]



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