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Monica di Cagliari


L'uva Monica probabilmente fu importata in Sardegna dalla Spagna con il nome di Morillo, di cui "mora" sarebbe una corruzione poi italianizzata in Monica.
C'e' invece chi fa risalire l'origine del vitigno nell'isola ai tempi dell'invasione dei Mori, basandosi sempre sul nome "Morillo", come ancora in alcune localita' all'interno dell'isola viene chiamata quest'uva. Ma questa tesi non sembra convincente, fosse solo per le difficolta' di sopravvivenza che i sardi avevano durante le invasioni dei Saraceni, tali che ben pochi potevano dedicarsi alle sperimentazioni necessarie all'introduzione di nuove varieta' di vitigni.
Di fatto, il nome Monica era ben noto gia' agli inizi dell'Ottocento quando si parlava di "Monica Niedda" e la si considerava erroneamente come identica al Canaiolo di Toscana.
e' comunque un vitigno diffuso in quasi tutte le zone viticole della Sardegna, soprattutto in quelle calde come il Campidano, la pianura alla cui estremita' meridionale sorge Cagliari.
Il Monica di Cagliari e' ottenuto dalla vinificazione di sole uve Monica provenienti da vigneti collocati nella provincia di Cagliari e di alcuni comuni della provincia di Oristano. e' un vino di grande personalita' che richiede processi di vinificazione molto curati e gestiti con molta competenza.

Zona di produzione: la provincia di Cagliari e di Oristano.
Vitigni: Monica.
Invecchiamento obbligatorio: 9 mesi.
Gradazione alcolica minima: 14,5%
Caratteristiche organolettiche: colore rosso rubino tenue tendente all'aranciato con l'invecchiamento; profumo etereo, intenso e delicato; sapore gradevole, morbido e vellutato.

Tipologie: Dolce naturale, Secco.

Come si consuma:
Il Monica di Cagliari Doc, nelle versioni Dolce naturale e Secco, va abbinato ad antipasti di salumi, pastasciutte con ragù di carne, carni arrosto, formaggi pecorini giovani e ricotta fritta. Se ne consiglia la degustazione in calici per vini rossi giovani, a una temperatura di 16-18°C, entro due anni dalla vendemmia.

Come si conserva:
La conservazione di questi vini prevede che le bottiglie vadano tenute, coricate, in scaffalature di legno, perché questo materiale attutisce i colpi e le vibrazioni; vanno inoltre mantenute al buio, a temperatura costante fra 10 e 15°C e con un’umidità intorno al 70-75%, in modo che il tappo non si asciughi.
08/03/2005 22:44
 
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Dolcetto D'Alba
Dolcetto è il nome di un vino rosso e dell'omonima uva da cui si trae, coltivata soprattutto nel sud del Piemonte. Il vino è molto apprezzato perchè è in genere saporito, ma mai pesante. Non è facile risalire alla storia di quest'uva, in quanto non ha lasciato molte tracce nel passato.
Il primo documento storico in cui viene citato risale alla fine del cinquecento e due secoli più tardi il dolcetto fu nominato in una memoria presentata alla società agraria di Torino.

Gradazione: 11,5 °
Colore: rosso rubino talvolta con riflessi violacei che possono ricordare le tonalità della morra.
Odore: caratteristico, intenso, con ricordi di piccoli frutti.
Sapore: Asciutto, gradevolmente amarognolo, di corpo armonico, fruttato, asciutto.
Temperatura: 16° C
Abbinamenti: primi piatti con sughi di carne e secondi piatti di carni bianche saporite.

Alcuni produttori:
Alba: Azienda vitivinicola ceretto, Poderi Colla, Prunotto
Barbaresco: Tenuta Cisa Asinari
Barolo: Cantina Mascarello, az. agricola Vajra
La Morra: Boglietti, Bovio, Poderi Marcarini, Viberti Eraldo
Monforte d'Alba: Az. Agricola Bussia, Az. Ciabot del preive, Aldo Conterno
Serralunga d'Alba: Vini Cappellano, Az. Agricola Vigna Rionda
13/03/2005 16:37
 
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Vermentino del Ponente Ligure


Il Vermentino trova in Liguria, nella costa
che da Savona si spinge a Imperia, ma
soprattutto nel limitrofo entroterra, il
luogo di coltivazione più importante.
Coltivato a terrazzamenti, a uso ligure,
ogni ceppo ha una resa di circa un chilo e
mezzo di uva.
Viene piantato generalmente con una densità
media di 4 mila e 500 piante per ogni ettaro
di terra e fatto fermentare in vasche inox a
temperatura controllata.
Vendemmiato a fine settembre rimane ad affinare
nell'inox fino al giugno successivo, e può
conservarsi al massimo per due anni.
Presente sia in Liguria che in Sardegna la
sua origine è stata a lungo controversa.
Si è poi appurato che si tratta di una varietà
di Malvasia proveniente dalla Spagna e diffusasi
in Sardegna via Corsica, e passando dalla Francia
nel caso del Ponente ligure.
Le cantine produttrici della zona sono aperte
alle visite degli appassionati, previo
appuntamento telefonico.


Uva:
Vermentino (95%) con aggiunte di altre uve locali a bacca rossa

Colore:
giallo paglierino con riflessi dorati

Profumo:
molto ricco con note fragranti di cedro, rosmarino e salvia

Sapore:
deciso e netto pur con un fondo molto morbido e avvolgente

Gradazione:
11° minimo
13/03/2005 16:47
 
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SERPRINO: IL PROSECCO DEI COLLI EUGANEI


In comune con "i cugini della provincia di Treviso",
i prosecchi spumantizzati o meno, il Serprino ha lo
stesso vitigno: il prosecco. Un vitigno molto vigoroso
e produttivo che predilige i terreni collinari, dal
clima non troppo asciutto poichè soffre la siccità.
Il Serprino è un vino frizzante di gradazione 11 % (vol.)
prodotto, come già accennato, da uve prosecco che hanno
trovato nel clima dei Colli Euganei e soprattutto nel
tipo di terreno (le marne euganee più o meno argillose,
fresche e di media fertilità) l'habitat ideale.
Il Serprino si presenta di un bel colore giallo paglierino
scarico, brillanti. Sprigiona un profumo delicato e fine
con nette sensazioni di fiori d'acacia e di frutta a polpa gialla.
Il sapore è inconfondibile: asciutto e frizzante. Perfetto
per abbinarsi agli antipasti, come aperitivo, e al pesce,
tanto di mare che di acqua dolce. La temperatura di
servizio consiglia i 10° che aiutano il Serprino a
esprimere tutta la sua fragranza. Va servito in bicchieri
a forma di tulipano aperto.


Vino: Serprino
Aree di produzione: Colli Euganei
caratteristiche: frizzante
colore: paglierino
odore: fruttato delicato fine
vitigni: prosecco (90-100%)
sapore: asciutto/abboccato
grad. alcolica min. 11,0

27/03/2005 17:07
 
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Aglianico del Vulture

Il vitigno che caratterizza l'Aglianico del Vulture viene coltivato soprattutto in Lucania (prov. di Potenza) zona di origine vulcanica, ma anche anche in Campania. Si tratta di un'uva di antiche origini, che secondo gli storici è stata importata in Italia dai Greci, celebrata da nobili e imperatori durante l'epoca classica. Il termine stesso "Aglianico" altro non è che una deformazione dell'antico nome "Ellenico".
Il vino Doc che si ottiene ha un colore rosso rubino che dopo l'invecchiamento assume caratteristici riflessi aranciati. Tannico, come ci si aspetta da queste uve, resta però sempre fresco e armonico, senza sbavature.
La cucina lucana, genuina ma ancora piuttosto rustica, ha bisogno di vini di un certo spessore e l'Aglianico bene si presta ad essere abbinato ai formaggi ovini e caprini (semistagionati e stagionati) della Basilicata, nonché ad insaccati di suino e a ricette spesso corroborate da un robusto ricorso al peperoncino.È altresì ottimo con i piatti di selvaggina e gli arrosti.
Si tratta di un vino da servire attorno ai 17-19°C, dando modo alla bottiglia di respirare un paio d'ore prima del servizio.

Colore: rosso rubino tendente al granato

Regione di produzione: Lucania

Gradazione alcolica minima: 11,5%

Vitigni utilizzati: Aglianico (100%)
27/03/2005 17:08
 
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Ballo delle Streghe


Il nome dato all'ultimo vino rosso nato nelle cantine di Montelvini evoca antichi riti e prodigi. In effetti il Ballo delle Streghe racchiude in se' caratteristiche del tutto magiche, dovute alle peculiarita' del terreno dove vengono coltivate le viti, all'attenzione con cui viene vinificato e allo scrupoloso metodo secondo il quale e' affinato in barrique.

Il Ballo delle Streghe nasce dai vigneti che sorgono nell'omonimo podere situato sul Montello, al confine tra Venegazzu' e Montebelluna. Zona riconosciuta da tutti tra le piu' vocate del Veneto: i terreni ferrosi e ricchi di minerali, permettono di selezionare vini rossi di grande stoffa, apprezzati in tutto il mondo.

Prodotto con uve Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot, si e' affinato in barrique per 18 mesi a temperatura e umidita' controllate.

Il Ballo delle Streghe rappresenta uno dei tre vigneti scelti da Montelvini per una ricerca comparativa. Infatti, in tali vigneti, le viti vengono coltivate secondo le severe regole dell'agricoltura biologica, avvalendosi della certificazione del Consorzio per il controllo dei prodotti biologici di Bologna.

Questi poderi fanno parte dell'azienda agricola di circa 30 ettari di proprieta' Montelvini, coltivati tutti secondo principi biologici certificati.
Seguendo tali metodi di produzione la cantina di Venegazzu' e' in grado di selezionare vini di grande prestigio, per un pubblico di esperti e di consumatori raffinati.

E' sicuramente un vino da assaggiare. Colore rosso molto intenso con riflessi granati, alterna sentori di frutta matura a piacevoli profumi speziati. E' un vino strutturato e secco. Accompagna bene arrosti di carni rosse, cacciagione e selvaggina. I gradi alcolici sono 13.
21/04/2005 23:17
 
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Sangiovese di Romagna


Classificazione: DOC
Colore: rosso rubino talvolta con orli violacei
Regione di produzione: Emilia Romagna
Gradazione alcolica minima: 11,5%
Vitigni utilizzati: Sangiovese (85-100%), altri vitigni a bacca rossa (0-15%)


ROMAGNOLO DI NOME E DI FATTO

Questo vitigno rappresenta una delle maggiori risorse a disposizione della viticoltura italiana. Lo troviamo in diverse aree del nostro Paese, sempre in grado di dar vita a vini di grande forza e sapore.

In Romagna fa parte della tradizione e dell'orgoglio locale, a cominciare dal nome, che sembra essere stato coniato all'interno di una comunità di Cappuccini che viveva in un convento a Sant'Angelo di Romagna e produceva un favoloso vino rosso.
La tradizione vuole che un illustre ospite dei frati fosse stregato a tal punto da questo nettare degli dei da chiedere ai propri ospiti quale fosse il suo nome e, visto che la collina sulla quale si trovavano un tempo era conosciuta come collis Jovis (colle di Giove), a qualcuno venne in mente di chiamare il vino sanguis Jovis, nome che nei secoli si mutò in "Sangue di Giove" e poi in "Sangiovese".

Del suo colore colpisce il rosso rubino, talora con orli violacei. L'odore è vinoso, arricchito da un profumo delicato che talvolta ricorda la viola.
Il sapore è secco, armonico, talvolta tannico, con retrogusto gradevolmente amarognolo.

Per ottenere la qualifica "superiore" occorre una gradazione del 12% con il vincolo di non poter immettere il vino al consumo prima del 1° aprile successivo alla vendemmia.
La "riserva" ha invece un invecchiamento minimo di 2 anni, a partire dal 1° gennaio successivo alla vendemmia.
30/04/2005 23:32
 
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Lambrusco by Cavicchioli

Un vino da riscoprire...

Dobbiamo ammetterlo: eravamo abbastanza prevenuti. Quando ci siamo ritrovati e abbiamo assaggiato i campioni coperti che avevamo sul tavolo, immediatamente le perplessità sono diventate palpabili. Sì, perché il gruppo di consumatori che abbiamo riunito per assaggiare una serie di vini che abbiamo ricevuto dai rispettivi produttori non parevano essere troppo entusiasti di trovarsi di fronte a dei Lambrusco.
E ci pare un dato significativo, al di là dei valori realmente in campo.
Ma procediamo con ordine. Qualche tempo fa abbiamo ricevuto dei campioni di due Lambrusco prodotti dalla CAVICCHIOLI di San Prospero di Modena ­ il "Vigna del Cristo" 2001 e il "Col Sassoso" 2000 ­ e come nostra tradizione abbiamo aspettato una riunione del nostro "panel di consumatori" per metterli sotto i riflettori. Preparate le bottiglie, eccoci pronti al momento fatidico e dobbiamo dire che appena i vini sono scesi nei bicchieri più di qualcuno ha subito intuito la tipologia, un fatto di per sè positivo e che indica la "fama" di questo vino.
Da qui, però, i primi commenti francamente poco lusinghieri e che hanno fatto notare come i consumatori impegnati in una sorta di "degustazione ufficiale" tendano probabilmente ad aspettarsi "vini importanti" con cui misurare le proprie papille.
Perplessità che, dobbiamo dirlo immediatamente, sono state superate nell'assaggio: tanto le attese parevano essere poco promettenti quanto in bocca i vini hanno subito portato molti a cambiare la propria opinione. Per il "Col Sassoso" non sono mancati giudizi addirittura lusinghieri e una votazione media complessiva (sempre tenendo presente che parliamo di una "scala di piacevolezza" con voti che il consumatore può scegliere tra 5 e 10, con scarti di mezzo punto) che ha raggiunto quota 76,4. Del "Col Sassoso" 2000 (nella foto in alto, a destra) sono stati immediatamente premiati il colore, la spuma densa, una certa e inattesa "morbidezza" e pienezza che i più non si attendevano. Una sorpresa, dunque, e per di più piacevole.
Giudizi meno lusinghieri per il "Vigna del Cristo" 2001 (nella foto in alto, a sinistra) , che si è aggiudicato un 63,5/100 in buona parte dovuto a un colore ritenuto troppo "scarico" e che non è piaciuto alla maggioranza dei consumatori. Ritenuto piacevole ("fresco e brioso") al naso, non è piaciuta l'acidità che lo contraddistingue, giudicata "disarmonica".
Tutti si sono dichiarati "spiazzati" davanti a due Lambrusco così diversi e questo è sicuramente un preciso segnale della mancanza di una conoscenza maggiore delle "variabili" di questo vino tra chi poi lo dovrà (o dovrebbe) comprare scegliendolo tra gli scaffali, una dinamica di cui ci sentiamo di investire le aziende produttrici che, come tutte le aziende italiane e non solo, non investono certo in una maggiore "preparazione" del consumatore.
La differenza riscontrata tra i due campioni può aver giocato a svantaggio del "Vigna del Cristo" più del dovuto, anche se tutti i consumatori hanno comunque definito ­ "a monte" ­ i vini come prodotti corretti e sicuramente da apprezzare con precise soluzioni gastronomiche.
Ma veniamo a informazioni più tecniche: Il "Vigna del Cristo" è prodotto da uve Lambrusco di Sorbara al 100 per cento raccolte nel vigneto in località "Cristo", nei pressi degli argini del fiume Secchia, a nord di Modena.
Vinificato tradizionalmente, la presa di spuma viene innescata da lieviti selezionati e il risultato è un vino dalla "... spuma rosea ed evanescente con un colore rosso rubino chiaro con riflessi violacei. Il perlage è fitto e persistente".
Da bere tra i 9 e gli 11 gradi è sicuramente un vino adatto ad acompagnare salumi, bolliti, cotechini e altri insaccati cotti. Nella "scheda ufficiale" del vino viene anche sottolineato ­ ed è un "esperimento" che prima o poi faremo ­ che il sapore secco e il buon grado di acidità ne fanno un accompagnamento ideale anche per fritture di pesce o di verdure.
Il "Col sassoso" ­ quello che ha convinto di più i consumatori ­ nasce da un uvaggio tra Lambrusco Grasparossa (85 per cento) e Lambrusco Fortana e Malbo Gentile per il restante 15 per cento coltivati nella zona pedecollinare a sud di Modena.
Sicuramente "marcato" dal Grasparossa di Castelvetro, il vino risulta essere di buona stoffa e piuttosto strutturato, quasi un "effetto a sorpresa" dopo una spuma vivace ed evanescente che si è aperta su di un colore rosso rubino deciso con accesi riflessi violacei. Contraddistinto da un perlage piuttosto intenso e da un profumo vinoso, fruttato e fragrante, è un vino da gustare fresco ­ tra i 9 e gli 11 gradi ­ e può sicuramente accompagnare non solo salumi, ma anche una buona serie di primi e secondi, senza trascurare grigliate e arrosti (non di selvaggina).
Dalla "scheda ufficiale" un altro paio di consigli che ci hanno incusioristo: "Questo lambrusco ha inoltre una spiccata attitudine ad accompagnare il pesce preparato al forno o grigliato (cernia, pesce spada o palombo). Per chi non ha timore di sperimentare abbinamenti arditi è asolutamente da consigliare l'inedito, felicissimo accostamento tra il "Col Sassoso" e ostriche".

Per ulteriori informazioni:
Cantine Cavicchioli
Piazza Gramsci, 9 - 41030 San Prospero (Modena)
telefono 059 812411 - fax 059 812424
www.cavicchioli.it - cantine@cavicchioli.it
30/04/2005 23:34
 
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Vernaccia di San Gimignano



Eccoci finalmente al resoconto della degustazione che ha visto protagonista, in due serate svltesi lo scorso settembre, la VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO, un bianco importante, ricavato dall'omonimo vitigno, e storico, ma forse non troppo conosciuto al consumatore medio italiano. Basti pensare che oltre il 70 per cento della Vernaccia prodotta viene esportata e se consideriamo quella che viene bevuta in loco....
O forse è più corretto dire che abbiamo deciso di confrontarci con un vino del quale non si sente parlare molto spesso, probabilmente anche perché nasce, bianco, in una terra di rossi, sovente celebri e celebrati (chi, anche tra i meno appassionati, non conosce il Chianti o il Brunello) ma che pure, probabilmente, non possono vantare una storia così nobile e antica come quella di questo bianco, che oseremmo dire unico nel suo genere.
Un vino dalla personalità forte e che spesso, soprattutto dagli abitanti di queste meravigliose terre, viene "trattato" come un rosso, sia per come viene prodotto sia per come viene bevuto, e che comunque a buon diritto viene reputato il più famoso bianco di Toscana.

Un pizzico di storia
Il luogo di origine ­ San Gimignano ­ e lo stesso nome del vino ­ Vernaccia ­ rappresentano già di per se stessi un profondo e inossidabile legame con la storia e la tradizione del nostro Paese. La splendida e turrita cittadina di San Gimignano, antico insediamento etrusco che prende il nome dall'omonimo santo patrono della città, collocata in posizione strategica lungo la via Franchigena che collegava Roma con il Nord-Europa, divenne fin dal primo Medioevo un importante centro di comunicazioni e di commerci (in primo luogo zafferano e poi vino) ed ebbe il suo periodo di massimo splendore e gloria verso la fine del XIII secolo, quando poteva contare la bellezza di 72 torri, 15 delle quali ne caratterizzano ancora oggi il profilo di borgo medievale.
Il nome poi, Vernaccia, secondo molti studiosi sarebbe una denominazione tipicamente assegnata a uve e vini tradizionali e fortemente legati ad un territorio; esso infatti rappresenterebbe la degenerazione del termine latino "vernacula" (locale, del posto), che anticamente avrebbe indicato le varietà autoctone d'uva presenti su uno specifico territorio (e ciò spiegherebbe anche il fatto che varietà spesso assai diverse tra loro e presenti in territori anche l'un l'altro distanti, abbiano assunto questo stesso nome).
Insomma, un vino ricco di fascino e del quale vale la pena continuare a raccontarne ancora un pò la storia, prima di passare, come sempre, a risultati e commenti della nostra degustazione.
Secondo la tradizione più acclarata, la Vernaccia di San Gimignano sarebbe in realtà un vitigno importato. Si narra infatti che, in un non ben precisato anno nel corso del XIII secolo, tal Vieri dè Bardi, proveniente dalla Liguria, avrebbe introdotto in queste terre le prime viti di Vernaccia che sarebbero state poi ulteriormente diffuse e coltivate da Angiolo e Zanobi, suoi discendenti. Il paese di origine di Vieri sarebbe stata Vernazza, amena località nelle Cinque Terre liguri, e dal toponimo ne sarebbe conseguito dunque il nome attribuito all'uva e poi al vino. Dobbiamo dire che questa versione, che pure viene spesso riproposta in letteratura, non è condivisa da tutti. Moltissimi, anche tra i produttori, restano convinti dell'origine autoctona dell'uva, in linea con quanto anticipato qualche riga più sopra, e addirittura non escludono che l'antenato di questo vitigno fosse già coltivato dagli etruschi, i quali come è noto conoscevano la viticoltura.
È comunque accertato che, già nella seconda metà del Duecento, la Vernaccia fosse ormai una delle voci più "pesanti" nella bilancia commerciale di San Gimignano, tant'è che risulterebbe negli "Ordinamenti della Gabella" del Comune una tassa di tre soldi per ogni soma di vino esportata al di fuori del territorio comunale. Insomma, la domanda di questo vino era certamente superiore alla sua produzione ed era persino stata introdotta una forma di acquisto anticipato del vino novello che sarebbe stato prodotto negli anni successivi a quello dell'atto di acquisto medesimo; una specie di "en primeur" ante-litteram, chiamata appunto, ad novellum.
Per garantire la qualità del vino, a difesa dei tentativi di sofisticazione messi in atto, vennero inoltre istituite delle specie di corporazioni come quella dei Pesatori o quella dei Legali, che dovevano, rispettivamente garantire la corretta misurazione del vino uscente dalla città e gli interessi dei produttori di vino, eventualmente colpiti, non solo da frodi, ma anche da calamità come ladri, cinghiali eccetera. Il vino era insomma una vera e propria ricchezza che andava salvaguardata a tutti i costi.
A partire da quegli anni e nei secoli a seguire, la Vernaccia si sarebbe sempre più imposta all'attenzione come vino ricercatissimo per le sue virtù e per la sua ottima qualità e tante sono le citazioni che molti personaggi celeberrimi della nostra storia fanno di questo vino. Dante Alighieri, nella sua Comedia, poneva Papa Martino IV in Purgatorio, a scontare la propria golosità per le anguille e la Vernaccia: "... e purga per digiuno l'anguille di Bolsena e la Vernaccia".
Boccaccio, nel Decamerone, inseriva talvolta questo vino negli splendidi scenari delle sue narrazioni, come per esempio nella terza novella dell'ottavo giorno, laddove Maso descrivendo a Calandrino il fantastico paese di Bengodi, racconta che " ... ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciol d'acqua". Durante i pranzi della famiglia Medici la Vernaccia era spessissimo presente: Lorenzo il Magnifico sollecitava spesso il Comune di San Gimignano a inviare Vernaccia che oltre a essere bevanda graditissima a sua madre Lucrezia, rappresentava un efficacissimo rimedio per la precaria salute del suo figlio Pietro. Ludovico il Moro, Signore di Milano, ne richiese 200 fiaschi per festeggiare le nozze del nipote Gian Galeazzo; entusiasta di questo vino si fece inviare 500 barbatelle del vitigno da impiantare nelle terre lombarde, esempio seguito anche da Guidobaldo, Duca di Urbino. I tentativi, peraltro, si rivelarono fallimentari: la qualità dei vini prodotti non era certo paragonabile a quella del vino di San Gimignano, a conferma, fin d'allora, che un fattore praticamente insostituibile per la peculiarità di questo vino è proprio il suo territorio di origine, con le sue particolari caratteristiche geologiche.
Inevitabile, poi, citare l'immancabile Sante Lancerio che nella sua opera descriveva un "Greco di San Gemignano" come "perfetta bevanda da Signori" che "è un gran peccato che questo luogo non ne faccia assai"; la maggior parte degli esperti identifica questo vino con l'attuale Vernaccia, anche se, in verità, il Lancerio, concludeva la sua descrizione aggiungendo che "In questo luogo ci sono anche di buonissime vernacciuole e di questa bevanda gustava molto S.S et faceva honore al luogo", e dunque ciò potrebbe anche far pensare ad una non necessaria identità tra i due vini descritti dal bottigliere di Papa Paolo III. Ci pare interessante aggiungere, a conferma della non semplice interpretazione dell'origine della denominazione "Vernaccia", che negli scritti di Sante Lancerio la Vernaccia compare nel paragrafo dedicato al "Vino di Pavola" che "Viene dalla terra di Calabria [] Et questo procede dalla Vernaccia, che in questo luogo fa ".
Proseguendo con la lunga lista di citazioni, Michelangelo Buonarroti il Giovane nel 1643 la definva "traditora e che bacia, morde, lecca e punge" mentre più tardi, nel 1695, Vincenzo Coppi, estensore degli Annali di S.Gimignano, descriveva la Vernaccia come vino bianco "dei migliori e più grati che si facciano in Italia ".
La fama della Vernaccia sopravvisse sino al disastro dell'invasione della fillossera, che alla fine dell'Ottocento distrusse praticamente i vigneti di tutta Europa. La crisi fu dura anche perché quando la viticoltura nell'area si riprese, molti produttori puntarono decisamente sulle varietà usate per la produzione del Chianti che viveva un momento di grande successo ed andava affermandosi anche sui mercati esteri (San Gimignano si trova nell'area di produzione del Chianti). Le aree coltivate a Vernaccia andarono riducendosi ed il vitigno visse un periodo di crisi da cui si riprese nel corso degli anni Sessanta del secolo scorso quando, forse a riconoscere una tradizione ed una qualità assolutamente da salvaguardare, divenne, nel 1966, il primo vino italiano in assoluto ad ottenere la Denominazione di Origine Controllata. Nel Luglio del 1993 venne infine riconosciuta la Docg a sancire definitivamente la nobiltà di questo vino.

Il vitigno, i disciplinare
Abbiamo così citato il disciplinare di produzione e dunque andiamo a parlare un pò più in dettaglio di questo e delle uve da cui la Vernaccia di San Gimignano viene prodotta.
Delle origine, anche controverse, del vitigno da cui il vino prende il nome si è gia detto in precedenza; esso viene coltivato sui terreni collinari, non superiori ai 500 metri sul livello del mare, situati nel territorio del comune di San Gimignano, che peraltro sono i soli, secondo disciplinare, sui quali il vitigno Vernaccia di San Gimignano può essere coltivato per la produzione dell'omonimo vino Docg.
I terreni, formatisi in periodo pliocenico in conseguenza del ritiro del mare, sono costituiti prevalentemente da sabbie gialle e argille sabbiose, oltre che da sedimenti. Le viti sono allevate tipicamente a Guyot o a cordone speronato con una densità di ceppi per ettaro non inferiore a tremila, e con una produzione massima di uva per ceppo non superiore a 5 chilogrammi (ma chi vuole una grande qualità spessso si "accontenta" di molto meno), mentre la produzione massima di uva per ettaro è di 90 quintali.
Sono vietate le forme di allevamento a tendone e tutte le pratiche di forzatura.
Le uve sono caratterizzate da grappoli piuttosto grandi, di forma piramidale allungata, con acini dalla buccia gialla con riflessi ambrati, tipicamente piuttosto compatti, anche se sono in corso studi sperimentali per ottenere cloni caratterizzati da grappoli più spargoli con acini dalla buccia più spessa, soprattutto per sviluppare una maggiore resistenza alle malattie. La vendemmia avviene tipicamente tra il 15 di settembre ed il 15 di ottobre.

Come sempre, alleghiamo qui di seguito la scheda riassuntiva del disciplinare Docg, presente sul sito del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali aggiungendo che, per chi fosse interessato ad una lettura esaustiva, il testo completo del disciplinare della Vernaccia di San Gimignano, è consultabile sul nostro sito, come quello di tutte le altre Docg.

SCHEDA TECNICA DEL VINO
Vernaccia di San Gimignano:
Docg Vernaccia di San Gimignano.
Istituito con decreto del 03/03/1966.
Riportato su Gazzetta Ufficiale 06/05/1966, n. 110.
Resa uva per ettaro: 90 quintali .
Resa massima uva/vino: 70.0%.
Titolo alcolometrico minimo naturale dell'uva: 10.5%
Colore: giallo paglierino tenue tendente al dorato con l'invecchiamento.
Odore: fine e penetrante caratteristico.
Sapore: asciutto, armonico con caratteristico retrogusto amarognolo.
Titolo alcolometrico totale minimo del vino: 11.0% .
Estratto secco netto minimo: 15.0 per mille.

Vernaccia di San Gimignano Riserva:
Docg Vernaccia di San Gimignano.
Istituito con decreto del 03/03/1966.
Riportato su Gazzetta Ufficiale 06/05/1966, n. 110.
Resa uva per ettaro: 90 quintali.
Resa massima uva/vino: 70.0%.
Titolo alcolometrico minimo naturale dell'uva: 11.0%.
Colore: giallo paglierino tenue tendente al dorato con l'invecchiamento.
Odore: fine e penetrante caratteristico.
Sapore: asciutto, armonico con caratteristico retrogusto amarognolo.
Titolo alcolometrico totale minimo del vino: 11.5%.
Estratto secco netto minimo: 15.0 per mille.

Ci pare interessante ricordare ancora alcuni passaggi importanti del disciplinare suddetto. Il vino "Vernaccia di San Gimignano" deve essere prodotto con le uve ottenute dai vigneti costituiti dal vitigno omonimo e situati nel territorio precedentemente descritto, in una percentuale non inferiore al 90%; per il restante 10% devono essere utilizzati vitigni a bacca bianca non aromatici, raccomandati ed autorizzati per la provincia di Siena. Questo è un punto che vale la pena sottolineare: la composizione dell'uvaggio è infatti un paramentro che caratterizza e, in un certo senso, divide un pò i produttori: una parte di essi che, riconoscendo alla Vernaccia una tipicità e una tradizione assolutamente uniche e da salvaguardare, adotta uvaggi monovitigno (100% Vernaccia di San Gimignano); altri produttori che invece utilizzano, nelle percentuali consentite dal disciplinare, altri vitigni anche non autoctoni (per esempio, Chardonnay). Insomma, un dibattito anche acceso tra "tradizionalisti" e "modernisti", dove i primi rinfacciano ai secondi di avere tradito l'antico spirito di questo vino per strizzare l'occhio alle moderne richieste del mercato.
Altro dato da ricordare è che, secondo disciplinare, è ammessa la qualifica "riserva" per la Vernaccia di San Gimignano invecchiata per un periodo comunque non inferiore a un anno, con decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di produzione delle uve. L'invecchiamento deve comprendere un periodo minimo di affinamento in bottiglia di almeno 4 mesi. Le operazioni di invecchiamento e affinamento devono avvenire nell'area in cui è consentita la vinificazione. Non sono invece ammesse altre qualificazioni tipo superiore, extra, fine, ecc.
Sempre da disciplinare, infine, una curiosità: le bottiglie che contengono la Vernaccia di San Gimignano devono essere di forma bordolese, pur di differenti capacità fino a 1,5 l., ed è consentita esclusivamente la chiusura con tappo di sughero o composto di sughero (a parte la capacità 0,187 litri per la quale è consentito il tappo metallico). Sulla carta dunque, i nuovi tappi sintetici sembrerebbero non ammessi.

La nostra degustazione
Veniamo finalmente a parlare della nostra degustazione.
Abbiamo ricevuto 31 campioni, di cui 4 con la qualifica "riserva", inviatici da 22 produttori, che dobbiamo ringraziare di cuore per la gentilezza e la cortesia che hanno dimostrato, dandoci la possibilità di organizzare la nostra degustazione che, come sempre, ci ha permesso di conoscere meglio un territorio, un vino e anche il lavoro che queste persone svolgono per produrlo.
La maggior parte delle bottiglie dei vini degustati è dell'annata 2001, 7 campioni (tra cui i 4 riserva) invece del 2000. Molti i vini che potremmo in qualche modo definire selezioni o cru. Come sempre, qualche nota anche sul "look" dei campioni. La maggioranza dei produttori ha scelto per la bottiglia il formato classico (si tenga presente quanto detto nel disciplinare ) anche se ci ha un pò stupito vedere dei vetri trasparenti bianchi per dei vini Docg (5 campioni di cui un riserva); presenti comunque anche bottiglie più slanciate e ricercate. Le etichette hanno impatto diverso: alcune offrono una rappresentazione molto tradizionale, classica, quasi "ottocentesca" (Guicciardini Strozzi); altre presentano una maggiore attenzione a linee e soluzioni di design più moderne (Panizzi).
E dunque, prima di introdurre più dettagliate considerazioni sui vini e sulla degustazione in generale, è il momento di mostrare i campioni in assaggio, elencati secondo la classifica finale redatta in base ai punteggi espressi (e riportati nella classifica stessa) dai consumatori. Nell'ultima riga del testo che presenta ogni vino, accanto al punteggio deciso dai consumatori (in rosso), è riportato in nero il punteggio attributo dal panel e la conseguente posizione in classifica (tra parentesi). Dunque ancora una volta ­ non ci stancheremo mai di ripeterlo, anche se pensiamo che oramai sia una conoscenza ampiamente diffusa ­ i campioni sono stati esaminati da due gruppi di assaggiatori, un gruppo di normali consumatori e uno di esperti. Una volta tanto, comunque, le due classifiche hanno un andamento abbastanza simile pur con le solite, inevitabili, differenze e l'intervallo di punteggio espresso dal panel è risultato, secondo costume, più ristretto rispetto a quello utilizzato nella degustazione dei consumatori.

03/05/2005 17:19
 
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Planeta Alastro IGT 2003



Comune di produzione: Sambuca di Sicilia (AG). Uve: 50% Grecanico, 25% Chardonnay, 25% Chardonnay barrique. Nome del Vigneto: Ulmo. Anno di impianto: 1985. Altimetria: 200 - 250 metri s.l.m. Tipologia del terreno: Mediamente calcareo. Resa per ettaro: 90 q.li; 2.2 Kg. per pianta. Sistema di allevamento: Controspalliera, Guyot bilaterale. Densità di impianto: 3.800 piante per ettaro. Epoca di vendemmia: Grecanico 10-15 Settembre, Chardonnay 5-15 Agosto. Vinificazione: l'uva Grecanico, dopo diraspapigiatura e pressatura soffice, viene fatta decantare a bassa temperatura; il mosto limpido viene quindi inoculato con lieviti selezionati e la fermentazione viene condotta in vasche di acciaio a 15° C; la fermentazione dello Chardonnay viene invece effettuata in barrique ad una temperatura di circa 20° C. Materiale delle vasche di fermentazione: Vasche in acciaio inox da 100 e 200 hl. Parte dello Chardonnay è fermentato in barriques nuove di rovere di Allier da 225 litri. Temperatura fermentazione: 15°C in acciaio, 20°C in barriques. Epoca di imbottigliamento: Prima metà del mese di febbraio. Durata della fermentazione: 12 giorni. Gradazione alcolica: 13% vol. Acidità totale: 5.50. pH: 3.50. Capacità di invecchiamento: 3 - 5 anni. Epoca di massimo godimento: 1 - 3 anni. Temperatura di sevizio ideale: 10 - 12° C. Abbinamento: crostacei con salse leggere, risotti con verdure, formaggi freschi. Cucina siciliana: (Caciocavallo all'argentiera)caciocavallo fritto con origano e aceto, pasta con ricci di mare, spaghetti al nero di seppia, bucatini con le sarde, pesca spada alla palermitana, involtini di pescespada, calamaro ripieno. Formaggio siciliano: Formaggio di capra. Tipo di bicchiere consigliato: Riedel, Vinum Series - Riesling Gran Cru 416/5.

Prezzo: €10.50


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17/05/2005 06:32
 
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Forumandiano..!!
complimenti
6 molto brava complimenti..............

ciao[SM=x322276] :SMILES1: [SM=x322248]
27/07/2005 00:02
 
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Vino Medicinale

tipo piatto Bevande
ingrediente principale Vino Bianco Secco
persone 4
note -
ingredienti 50 G Fiori Di Camomilla 50 Cl Vino Bianco Secco
preparazione Mettete in un vaso di vetro i fiori di camomilla e coprite con il vino. Lasciate a macerare per 5 giorni, filtrate e utilizzate all'occorrenza. Utile contro la cattiva digestione.
02/01/2006 01:42
 
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GRAND VIN DE BANYULS DOMAINE DE MAS BLANC



Vitigno: Grenache, Carignano e Syrah
Annata: 2003
Origine: FRANCIA
Colore: rosso granato scuro
Odore: intenso e persistente con note di spezie e di cuoio
Sapore: intenso, fragrante, freso e persistente in bocca
Accordo: dolci al cioccolato soprattutto se fondente e amalgamato a spezie. Ottimo vino da meditazione

Descrizione:
Su ripide terrazze digradanti verso il mare nel sud della Francia, quasi al confine con la frontiera spagnola, si produce questo vino facendone maturare le uve spesso fino al raggrinzimento dell'acino sulla vite. Una vera delizia del palato soprattutto accompagnato a schegge di cioccolato fondente. Due difetti: la difficoltà di reperirlo e il prezzo.
27/01/2006 21:53
 
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MOSCATO DI PANTELLERIA MUEGGEN 2003 - Az. Agricola MURANA


Vitigno: 100% Moscato d'Alessandria, chiamata popolarmente Zibibbo
Annata: 2003
Origine: Sicilia
Colore: Giallo ambrato profondo
Odore: Aromatico intenso con profumi di frutta candita, vaniglia, miele, tabacco dolce il tutto avvolto in note floreali di zagara
Sapore: Pieno, rotondo, avvolgente e molto persistente
Accordo: Dolci di carnevale o dolci delle regioni del sud Italia quali la cassata o la pastiera ma anche formaggi erborinati (gorgonzola, blue stilton, roquefort)
Prezzo: circa 20 Euro la bottiglia di 50cl

Descrizione:
Vino di splendida struttura che unisce lo spessore di un grande passito alla finezza di un vino da meditazione.

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