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ROMA - A letto senza spot. Punizione che potrebbe presto essere inflitta dal governo britannico ai piccoli telespettatori, per sottrarli all’influenza della pubblicità sul cibo spazzatura, il junk food. Secondo una proposta contenuta nel Libro Bianco sull’obesità, la propaganda di snack non in linea con i principi della corretta alimentazione dovrebbe essere oscurata fino alle 21, l’ora in cui la media dei bambini è già in pigiama, avviata verso il sonno. Bando quindi agli accattivanti consigli per l’acquisto di merendine, dolciumi, patatine, bevande gassate ed ogni altro tipo di leccornie, squilibrate dal punto di vista della quantità di grassi, sale e zuccheri a discapito di fibre, vitamine e minerali. Il ministro Girolamo Sirchia segue con attenzione e favore il progetto: «Mi piace, vedremo se sarà una strada percorribile - annuisce sfiduciato il responsabile della Salute di un’Italia che vanta il primato di un bimbo obeso o sovrappeso ogni 4 all’età di 8 anni -. La strategia del dialogo si è rivelata inefficace. Ho cercato a più riprese la collaborazione di industria, gestori di mense e pubblicitari per avviare un lavoro comune, ma i tentativi sono falliti, un po’ come per la lotta al fumo». Gli interlocutori, continua Sirchia, hanno mantenuto un atteggiamento aggressivo: «C’è da concludere che l’unico sistema è il divieto per legge. Altrimenti non si riuscirà a contenere gli interessi commerciali».
CODICE - A luglio da noi è entrato in vigore il nuovo codice di autodisciplina sulla pubblicità che all’articolo 11 suggerisce agli associati linee di condotta più coscienziose sul modo di offrire i cibi per bambini. N ulla però è cambiato. L’Accademia internazionale di pediatria, presieduta da Manuel Castello, e l’ European Childhood Obesity Task Force , rappresentata in Italia da Margherita Caroli, l’hanno giudicata un’iniziativa di facciata.
Secondo la Società italiana di pediatria, la Sip, i nostri bambini sono bersagliati da circa 25 mila spot all’anno di tutti i generi. La Caroli in un libro sull’alimentazione nell’infanzia riporta i seguenti dati: il 36% degli spot messi in onda da tv commerciali e di Stato riguarda il cibo e, di questi, l’88% vede protagonista i prodotti spazzatura. La pubblicità è un forte condizionamento tra 2 e 6 anni, l’età più a rischio, perché in questa fase si formano le abitudini della tavola. Il messaggio raddoppia la capacità di penetrazione se ripetuto a breve intervallo. «Convincere i bambini a mangiare un certo tipo di cibo - scrive Caroli - significa creare consumatori fedeli e devoti a vita».
DIPENDENZE - Sudditanza anche adolescenziale, conferma un’indagine della Sip sulle nuove dipendenze, che sarà presentata domani in un convegno al Policlinico San Matteo di Pavia. Alla domanda «ti capita di desiderare ciò che vedi in pubblicità?» il 68% dei ragazzi risponde «spesso» o «ogni tanto» e oltre il 70% ammette di comprare, acquistare o richiedere ai genitori merendine, dolciumi o altri alimenti visti balenare sullo schermo. Però Andrea Vania, responsabile del centro dietologia pediatrica all’università «La Sapienza», mette in risalto alcune differenze tra il comportamento delle madri italiane e quelle straniere: «Scelgono al posto dei figli. I nostri bambini ingrassano non tanto per colpa del junk food ma per la quantità sproporzionata di cibo consumato, sedentarietà e alti livelli di stress dovuto ai troppi impegni».
PIRAMIDE - Carolina Bo, università dell’Insubria, si è divertita a ridisegnare la piramide alimentare in base ai consigli per gli acquisti della tv. La gerarchia dei cibi è completamente ribaltata. Il primo gradino è occupato da zuccheri e grassi, poi latticini e latte, quindi cereali, carne, pesce e legumi e infine ortaggi e frutta. Vania invita a distinguere: «Non tutte le merendine sono da buttar via dal punto di vista nutrizionale. Le mamme italiane cercano di orientarsi verso quelle meno dannose».
Margherita De Bac
Corriere della Sera
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