Se l'errore di un debole può essere perdonato, gli errori dei potenti che hanno conseguenze terribili possono essere perdonati? La storia trova cause, giustifica, assolve tutti. Prendiamo il caso della Prima guerra mondiale. Oggi ci sembra quasi una catastrofe naturale. Ma era davvero inevitabile? L'Europa era prospera, governata da un gruppo di monarchi imparentati fra di loro, con una élite scientifica e culturale straordinaria. Poi alcuni sovrani, alcuni politici, alcuni magnati, alcune élites militari hanno scatenato la guerra. Una guerra che sarebbe dovuta durare qualche mese. Ma non avevano calcolato che c'era un nuovo strumento, la mitragliatrice, che avrebbe falciato le fanterie come spighe di grano, producendo milioni di morti, costringendole a interrarsi in trincea per anni. Un errore, un semplice errore. Davvero? Un errore come quello del bambino che sbaglia un compito? O dietro questo errore c'è molto di più? I sovrani accecati dalle loro collere familiari, i politici megalomani, i demagoghi, i generali con la voglia di provare le nuove armi, i voraci potentati economici, e tutti incapaci di ammettere di aver sbagliato. L'errore è stato veramente involontario, inevitabile? Nel bellissimo film Il tredicesimo giorno , che evoca i giorni in cui Kennedy ha dovuto decidere se attaccare i sovietici che istallavano i loro missili a Cuba scatenando una guerra nucleare, i militari premevano per l'attacco, i gerarchi sovietici volevano la guerra, solo lui e Kruscev dicono di no.
E cosa dire delle ideologie, che sono dei semplici errori? I comunisti sovietici volevano estirpare il male dal genere umano distruggendo il capitalismo, hanno massacrato milioni di contadini, creato campi di concentramento e di morte in Siberia. E poiché non è sorto l'uomo nuovo senza egoismi, possiamo considerarli solo errori? Era un errore quello di Hitler che, per estirpare il male, invece, voleva uccidere tutti gli ebrei? E quello degli integralisti islamici che segano la testa ai loro prigionieri? Solo sempre semplici errori?
Perfino la parzialità politica, per cui noi giustifichiamo le malvagità compiute dai nostri amici e giudichiamo scandalose quelle compiute dai nostri nemici, è un semplice errore? No, non lo è. Noi mentiamo intenzionalmente a noi stessi. Non vogliamo giudicare nello stesso modo l'amico e il nemico. E siamo orgogliosi di farlo. Infatti sosteniamo che non c'è nulla di più nobile della passione politica. Un tempo che non c'era nulla di più nobile della guerra. E altri considerano nobile il fanatismo religioso.
Noi ci convinciamo facilmente di quanto ci fa comodo. Chamberlain, che voleva a tutti i costi la pace, si era convinto che Hitler fosse un pacifico. A Roosevelt, malato e stanco, faceva comodo credere che Stalin fosse sincero. I politici che continuano a litigare e a tendersi trabocchetti, non ammettono nemmeno di fronte a se stessi di farlo per prendersi un vantaggio, talvolta anche economico.
Possiamo salvarci dalla dannazione dell'unilateralità e della menzogna? Non lo so. Certo occorre una infinita pazienza e una straordinaria forza d'animo per creare in noi, ogni volta, almeno un pizzico di imparzialità e di onestà intellettuale.
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Corriere della Sera
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