Prima di guardarvelo fate attenzione: se in giro si dice che è una commedia, si sbagliano. O meglio, lo dovrebbe essere, e forse lo è: ma l'umorismo tipicamente francese, che l'italiano medio non capisce o, che se capisce, non riesce a capire cosa c'era da capire ()! Presupposto ciò, non vuol dire che il film non faccià ridere, ma se uno vuol ridere deve essere abituato a questo tipo di film. Ma a parte il (sor)ridere, questo film ha qualcosa in più: ha una storia, abbastanza profonda.
Mi pare di aver già espresso mie opinioni sul cinema europeo in un altro topic e le riconfermo dopo aver visto questo film.
Il film di per sè (come già accennato prima) può lasciare completamente intatto l'animo di uno spettatore medio, ma può lasciare con qualcosa in più l'animo di un cinefilo di razza pura.
La storia non è niente di particolare: un gruppo di studenti partecipanti al progetto Erasmus che convivono insieme in uno stesso appartamento, ma quell'appartamento che per il protagonista è qualcosa in più. Il film non è corale, il protagonista è ben definito, il regista si concentra su di lui. Ma cosa ha questo personaggio da farci capire? Ebbene, lui è "strano": più volte ci spiega della confusione che sente al suo interno e della confusione che è fatta sua quando vede per la prima volta l'appartamento. Anche il regista ci aiuta: lui è lui, ma anche tutti e nessuno; infatti nel film viene presentato quasi sempre in maniera diversa, ha vari comportamenti (talvolta ci appare ragazzo diligente, talvolta amante dei valori famigliari, talvolta bastardello, talvolta assetato di solo sesso...); insomma se vi chiedessero com'è caratterialmente questo personaggio, voi non sapreste rispondere. In tutto ciò appare anche il suo "io" infantile, il suo sogno di far lo scrittore, che si esaudisce quando trova lo spunto adatto per descrivere le sue emozioni, appunto l'appartamento spagnolo.Ed ecco che viene fuori un film significativo: alla fine capirà chi è, lui è tutti, lui è un "io" formato da un po' tutti quelli che ha conosciuto, per lui è stato, come afferma in modo stupendo nel finale, un decollo: ha capito chi è, ora può decollare, può mettere così anche in pratica quello che aveva sempre desiderato, scrivere un libro.
La regia è finalmente originale: molto interessanti le tecniche che usa più volte, soprattutto nei primi venti minuti. E anche il finale non è da meno: circa 5 minuti che mi sono guardato col fiato sospeso, non per la tensione, ma per la poesia emotiva di quelle sequenze. E Cedric non lascia niente al caso: coglie tutto alla perfezione, pensa a tutto e filma tutto; anche alcuni passaggi che lo spettatore che si aspetta il film comico-leggero non capisce; è infatti stupenda le sequenza in cui il protagonista si ritrova tra gli antri della sua mente. Uno stile ottimo ed inconfondibile, che fa della macchina da presa lo strumento più significativo.
Conclusione? Un film significativo, non un capolavoro, ok, che ma che un cinefilo si dovrebbe vedere, per rendersi conto che esiste un film in cui un regista riesce a far capire dei significati profondi solo attraverso l'immagine.
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DOLLS - TAKESHI KITANO'S
"Il cinema americano mastica tutto il lavoro e non lascia alcuna autonomia di pensiero allo spettatore. In Giappone, la tradizione teatrale del No lascia fare gran parte del lavoro di creazione dello spettacolo alla sensibilità dello spettatore. Il pubblico carica il ballerino No di tutti i suoi fantasmi. Bisogna tornare a questa forma di espressione artistica dove tutto non è precisato e premasticato"
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