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Olanda sotto choc guardalinee ucciso da calciatori adolescenti
Lo sventurato aggredito dopo la partita e' clinicamente morto


Olanda sotto choc per la morte di un guardalinee aggredito dopo lo svolgimento di una partita di calcio amichevole tra due squadre giovanili. L'uomo di 41 anni è stato dichiarato oggi dalla polizia clinicamente morto e tre giovani giocatori di età compresa tra i 15 e i 16 anni, ritenuti responsabili dell'aggressione, sono stati arrestati. I fatti si sono svolti domenica scorsa, quando una squadra giovanile di Amsterdam, la Nieuw Sloten, si è recata in trasferta per giocare un'amichevole contro la Buitenboys.

Al termine dell'incontro il guardalinee è stato colpito ripetutamente al volto da tre giocatori della squadra di Amsterdam mentre era già a terra e dopo qualche ora è stato ricoverato in ospedale perché colpito da malore. Il ministro per lo sport, Edith Schippers, ha definito "assolutamente orribile" quanto accaduto. Ed ha assicurato che "la federazione olandese di calcio e la giustizia reagiranno in maniera molto dura contro questo genere di azioni".

Fonte: ANSA


23/02/2013 14:38
 
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Napoli, morto Jeppson "mister 105 milioni"



ROMA - È morto a Roma all'età di 87 anni a causa di una serie di complicazioni cardiache il campione svedese del Napoli Hasse Jeppson. A darne notizia è il Djurgardens, il club dove l'ex attaccante svedese si è consacrato, tra il 1948 e il 1951.

Fece scalpore, infatti, il suo acquisto da parte della società azzurra che lo pagò 105 milioni di lire versati in parte all'Atalanta e in parte (circa 30 milioni) a lui. La gente, stupita dalla cifra,gridò «è caduto 'o Banc' e Napoli», dopo uno scontro con un avversario. Fu il primo "caso" di mercato per l'enorme cifra che venne pagata nel '52 per volere dell'allora presidente, il Comandante Achille Lauro.

Restò a Napoli per quattro stagioni (segnò 52 reti), in cui giocò al fianco di campioni come Pesaola, Vinicio e Amadei. Ha partecipato ai mondiali del '50 in Brasile, dove la Svezia si è classificata terza: lui segnò due gol proprio nella partita Svezia-Italia, finita 3-2.

Fonte: IlMattino


02/05/2013 21:43
 
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Trovato morto Turina dell'Aik Solna.
Portiere croato, aveva 32 anni

Il cadavere del giocatore è stato rinvenuto nel suo appartamento a nord di Stoccolma, le cause sono da chiarire ma si parla di infarto. Lascia la moglie e due figlie di un anno

Shock nel mondo del calcio svedese: Ivan Turina, portiere dell'Aik Solna (club inserito nel girone del Napoli in questa edizione dell'Europa League) è stato trovato morto nella sua abitazione nella parte nord di Stoccolma. Ancora ignote le cause del decesso, apparentemente è avvenuto per un infarto, nel sonno.


A STOCCOLMA DAL 2010 — Patrik Nuss, portavoce della polizia, ha ufficializzato la notizia: "Posso confermare che Turina è morto, ma al momento non ci sono indizi che facciano sospettare che si tratti di un crimine". Ivan Turina aveva 32 anni, lascia la moglie e due figlie di un anno. Aveva firmato per l'Aik Solna nel 2010, disputando 89 partite col club della capitale svedese. Era titolare: la settimana scorsa era stato sostituito per un problema muscolare.

Gasport

Fonte: gazzetta


07/05/2013 22:56
 
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Morto Ferruccio Mazzola, il ‘terzo incomodo’ che decise di non allinearsi

Figlio del mitico Valentino e fratello di Sandro, è passato alla storia del calcio non per le sue imprese sul campo, ma per le denunce contro la Grande Inter e il presunto doping di squadra da parte di Helenio Herera. Per questo è stato abbandonato da colleghi e parenti


E’ morto a 68 anni Ferruccio Mazzola, il ‘terzo incomodo’, dal titolo del suo celebre libro autobiografico. Figlio dell’immenso Valentino, simbolo del Grande Torino scomparso nella tragedia di Superga, e fratello minore del più noto Sandro, campione con l’Inter e con la Nazionale, Feruccio ha vissuto anche lui nel e per il mondo del calcio. La sua fama però non è dovuta alla discreta carriera da calciatore tra Venezia, Inter, Lecco, Lazio e Fiorentina (con cui vinse lo scudetto all’epoca di Maestrelli), né alla successiva carriera di allenatore, per lo più in Serie C. Bensì alla sua decisione di non allinearsi. Da qui la definizione di ‘terzo incomodo‘. A fronte di cotanti famigliari, che della storia del calcio hanno scritto alcune delle pagine più luminose, lui decise di raccontarne gli angoli più bui.

Una specie di Carlo Petrini in tono minore, visto che il suo libro non ebbe la medesima risonanza di quelli scritti per la Kaos Edizioni dall’attaccante protagonista del Calcioscommesse del 1980. Mazzola pubblicò nel 2004 per Bradipo Libri ‘Il Terzo Incomodo’, in cui denunciava le pratiche dopanti nel calcio fin dagli anni Sessanta. Il suo j’accuse non solo rimase inascoltato, ma gli valse l’emarginazione e l’ostracismo da parte del mondo del calcio. E del fratello Sandro. Obiettivo delle denunce fu soprattutto la Grande Inter di Helenio Herrera, nella quale Ferruccio giocò una sola partita, ma di cui il fratello Sandro fu uno dei protagonisti. Le critiche più forti nei confronti del tecnico spagnolo: accusato di dopare consapevolmente i propri giocatori.

Ferruccio Mazzola fece gli esempi circostanziati delle morti premature di Armando Picchi (36 anni, tumore), Carlo Tagnin (67, osteosarcoma), Mauro Bicicli (66, tumore al fegato), Ferdinando Minussi (61, epatite C), tutti giocatori di quella squadra. Per questo fu ‘scomunicato’ dal mondo del calcio. Sia il fratello Sandro che l’amico Facchetti, entrambi dirigenti dell’Inter, ruppero con lui ogni rapporto e la società nerazzurra lo querelò per diffamazione, chiedendo 3 milioni di euro per danni morali e patrimoniali. Ma il giudice respinse la richiesta dell’Inter e la condannò al pagamento delle spese processuali. Nel frattempo si erano spenti anche Giuseppe Longoni (64 anni, vascolopatia) ed Enea Masiero (75, tumore) tutti passati dalla Grande Inter, e tutti deceduti prematuramente. Come lo stesso Facchetti scomparso per un tumore nel 2006 a soli 64 anni.

Non solo Grande Inter però. Oltre ai nerazzurri Mazzola denunciò l’uso di doping anche nella Roma, nella Lazio e nella Fiorentina, ma nessuna procura della Repubblica ha inteso aprire fascicoli per indagare su queste morti. Lo ha fatto solo la Procura di Firenze nel 2005, dopo le denunce della vedova di Beatrice (deceduto di leucemia a 39 anni nel 1987), per indagare sul sistema doping alla Fiorentina negli stessi anni. Dato che anche qui la lista di ex calciatori scomparsi prematuramente o gravemente ammalati è lunghissima. In questo caso ci sono stati dei rinvii a giudizio (anche nei confronti dell’ex allenatore dei viola Mazzone, accusato di omicidio preterintenzionale) poi caduti in prescrizione. Negli ultimi anni Ferruccio, cui il libro aveva dato solo enormi dispiaceri, sia dal punto di vista affettivo che nel vedere le sue denunce lasciate cadere nel dimenticatoio, divenne presidente dell’Associazione Vittime del Doping fondata dai famigliari di Beatrice e continuava ad allenare per passione i ragazzini a Roma. Ma di quel libro che gli aveva provocato così tanto dolore, scusandosi, preferiva non parlare. Oggi è scomparsa una persona che al sistema dei segreti e delle omertà aveva preferito opporsi, e per questo se ne è andata in solitudine.

Fonte: ilfattoquotidiano


28/06/2013 08:20
 
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Morto Borgonovo, simbolo della lotta alla Sla
Ex calciatore di Milan, Fiorentina e Nazionale.
L'Italia con il lutto al braccio contro la Spagna


E' morto oggi Stefano Borgonovo, ex calciatore del Milan, della Fiorentina e della nazionale che lottava da lungo tempo contro la Sla.

Borgonovo, 49 anni, attaccante - tra le tante altre squadre di Como, Milan, Fiorentina, Pescara e Brescia - nel settembre 2008 aveva annunciato di essere malato di sclerosi laterale amiotrofica, una malattia che ha colpito vari sportivi, ed essere ormai in grado di comunicare solo grazie ad un sintetizzatore vocale. Nacque allora la fondazione che porta il suo nome, una onlus che sostiene la ricerca contro la Sla. Per raccogliere fondi l'8 ottobre 2008 allo stadio Artemio Franchi di Firenze, Fiorentina e Milan erano scese in campo per una amichevole dedicata allo sfortunato giocatore. L'anno dopo allo stadio Luigi Ferraris di Genova, gli sportivi genovesi di Genoa e Sampdoria si affrontarono in una partita a scopo di beneficienza, 'Uniti contro la Sla', sempre per raccogliere fondi. Dopo qualche anno dall'addio al calcio giocato, aveva intrapreso la carriera di allenatore con le giovanili del Como, ma già nel 2005 i problemi di salute lo avevano costretto ad abbandonare.

L'Italia giocherà col lutto al braccio la semifinale di Confederations contro la Spagna. La Fifa ha accolto, anche se solo parzialmente, la richiesta avanzata dalla Federcalcio italiana avanzata un'ora e mezzo prima della partita alla notizia della morte dell'ex giocatore. Non si osserverà invece il 1' di silenzio prepartita, come pure era stato richiesto.

"La sua battaglia non verrà dimenticata" dice il presidente dell'Assocalciatori Damiano Tommasi. "La sua carica, la sua energia, il suo coraggio e la sua lotta sono stati encomiabili - dice il n.1 dell'Aic - Il pensiero adesso va alla sua famiglia e a chi ha vissuto con lui questo ultimo periodo ed è rimasto segnato. A loro va la nostra vicinanza". "L'Aic - assicura Tommasi - ricorderà Stefano negli anni, così come fatto finora più volte, per portare avanti la sua battaglia".

''Una malattia di merda...'', si sfoga Massimo Mauro, ex calciatore e amico di Borgonovo, alla notizia. ''Povero Stefano, hai finito di soffrire'', dice al telefono all'Ansa Mauro, che aveva contribuito alla crescita della fondazione Borgonovo contro la Sclerosi laterale amiotrofica.

"Ciao Stefano, Eroe", è l'omaggio di Roberto Baggio sul suo sito. Su twitter l'ex Codino ha invece scritto: 'ciao Stefano''. Ad accompagnare entrambe le frasi due immagini spensierate di Baggio e Borgonovo insieme e abbracciati ai tempi della Fiorentina.

"La tua forza è stato un insegnamento di vita" e' il saluto che Mario Balotelli, dal suo profilo Twitter, rivolge a Stefano Borgonovo. "Ciao Stefano - scrive l'attaccante del Milan e della nazionale - la tua forza è un insegnamento di vita per tutti. Sarai sempre con me. Con noi! Addio"

Fonte: ANSA


28/08/2013 15:00
 
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Brasile, addio a Gilmar:
il portiere della grande Seleção


E' morto a 83 anni l'ex numero uno che con i verdeoro vinse due mondiali consecutivi (1958 e 1962). Considerato una leggenda in patria, era ricoverato in grave condizioni dopo un infarto

SAN PAOLO - E' morto la scorsa notte a San Paolo l'ex portiere della nazionale brasiliana Gilmar dos Santos Neves, campione del mondo nel 1958 in Svezia e nel 1962, in Cile. Gilmar, vera leggenda nel suo paese, aveva 83 anni, Da qualche giorno era ricoverato in gravi condizioni in ospedale dopo essere stato colpito da un infarto, ma già da diversi anni il suo stato di salute era compromesso per un ictus che lo aveva colpito nel 2000.

Dopo il ricovero, il figlio dell'ex calciatore, Marcelo, aveva subito detto che le condizioni del padre sembravano "irreversibili". L'ex portierone dei verdeoro, figura mitica del calcio mondiale, è stato considerato il miglior portiere verdeoro del ventesimo secolo. Un mese fa era scomparso un altro componente di quel leggendario Brasile, il terzino Djalma Santos.

Con Gilmar fra i pali, il Santos, la squadra di Pelè (dove il portiere arrivò dal Corinthians), vinse praticamente tutto: fra cui 5 scudetti brasiliani, 2 coppe Intercontinentali e 2 coppe Libertadores. Una volta conclusa la carriera, l'ex numero uno si era allontanato dal mondo del calcio dedicandosi al settore imprenditoriale e solo nel 1983 era tornato ad occuparsi di football, invitato dalla federcalcio del suo paese ad assumere la supervisione della nazionale maggiore. Ma l'impegno durò soltanto un anno, e poi Gilmar abbandonò la nazionale per tornare ai suoi affari.

Fonte: Repubblica


02/02/2014 20:05
 
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La Spagna piange Aragones,
c.t. del trionfo a Euro 2008.
Casillas: "Influenzò una generazione"

E' morto a 75 anni l'allenatore che ha guidato la Roja al trionfo in Austria-Svizzera.
Con l'Atletico ha vinto tutto da calciatore e da allenatore,
tante prime pagine conquistate anche per le sue frasi poco politically correct.
Ancelotti: "Fu come Sacchi"


Ha iniziato a vincere nel 1965, una coppa del Re da calciatore nell'Atletico Madrid, ha smesso nel 2008 con il trionfo più bello, l'Europeo in Austria-Svizzera del 2008 da commissario tecnico della Spagna. Oggi il suo paese lo piange. Se ne è andato infatti a 75 anni Luis Aragones. E' morto questa mattina alla clinica Cemtro de Madrid alle 6.15.

TRIONFI E POLEMICHE — Spagna a lutto per uno degli allenatori più amati ed anche contestati della storia del paese. Ha vinto tutto con l'Atletico da calciatore, fino all'Intercontinentale del '74, e da allenatore ma anche una Coppa di Spagna col Barcellona nel 1988. Ha girato mezza Spagna guidando 8 club diversi ma alla fine tornava sempre coi Colchoneros. L'ultima esperienza però è andata male, esonerato nel 2009 al Fenerbahce, l'unica volta peraltro che ha allenato un club straniero. Contestato per le sue frasi molto poco politically correct come "Reyes, dì a quel negro di m..., a quel figlio di p..., che sei meglio di lui" riferita a Thierry Henry. Anche in Italia ricordano parole poco tenere nei confronti di uno degli eroi del trionfo del mondiale 2006: "Se Gattuso è fondamentale, allora io sono un prete..." Ci ha fatto male soprattutto però quando nel 2008 superò gli azzurri ai rigori nei quarti dell'Europeo che poi vinse in finale contro la Germania. Aragones ebbe il coraggio di lasciare a casa Raul e di resistere alle polemiche scatenate dalla sua decisione e poi di fatto cambiò lo stile di gioco della Roja tanto che oggi è commemorato come il 'padre del Tiki Taka'. A dicembre scorso l'addio al calcio: "E' difficile per me allenare, preferisco sentir parlare di me come ex tecnico". Oggi l'ultimo applauso.

RICORDO REAL — Per commemorarlo il Real Madrid ha mandato Iker Casillas ad accompagnare Carlo Ancelotti nella consueta conferenza stampa pre partita. Il capitano del Madrid ha espresso le più sincere condoglianze alla famiglia dell'ex ct e l’ha ricordato così: “Luis ha influito in maniera determinante sulla crescita di un’intera generazione di calciatori spagnoli. Io lo ricordo per a grande capacità di starti vicino, di essere franco e sincero. Ha preso decisioni importanti quando guidava la nazionale, sempre pensando al bene della squadra. Non ho alcun dubbio, ha cambiato la storia della nostra nazionale, è stato il creatore di un nuovo modello di gioco che ci ha portato a grandi successi. Nel 2008 all’Europeo è cambiato tutto per noi”. Pensieri simili anche per Carlo Ancelotti: “Come Arrigo Sacchi col Milan o come nel caso dell’Ajax degli anni 70 le scelte di Aragones hanno imposto un nuovo modello di Fútbol al calcio spagnolo. E come i grandi innovatori ha saputo approfittare del vantaggio accumulato con il cambio che ha imposto. Ha avuto un grande impatto non solo nel calcio spagnolo, ma nel calcio mondiale. E per questo sarà sempre ricordato”.

Filippo Maria Ricci

Fonte: gazzetta


27/04/2014 22:12
 
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Boskov morto: vinse scudetto e Coppa delle Coppe con la Sampdoria

Si è spento a 82 anni l’ex tecnico serbo. Da giocatore conquistò un argento olimpico.
Poi allenò Real Madrid, Roma e Napoli, oltre ai blucerchiati.


Si è spento all’età di 82 anni, Vujadin Boskov, leggendario allenatore della Sampdoria dello scudetto 1990-91. La stampa serba rende noto che i funerali si svolgeranno martedì prossimo a Begec, nella sua citta natale, a 15 chilometri da Novi Sad. A parte i (molti) trionfi in panchina, la popolarità di Boskov è stata alimentata anche dalla sua innata verve da istrione, in panchina e davanti ai microfoni. Alcune sue frasi, elette a "tormentoni" (bravissima in questo la Gialappa's Band), sono rimaste nei cuori degli appassionati del calcio italiano.

UNA VITA NEL CALCIO — Prima di sedersi in panchina, Boskov è stato un calciatore di tutto rispetto. Conquista l’argento olimpico a Helsinki ‘52 con la Jugoslavia. nel 1961-62 l’arrivo in Italia, alla Sampdoria, con cui gioca una sola stagione, prima di migrare in Svizzera, allo Young Boys. Proprio a Berna inizia la sua carriera da allenatore. Il primo successo è però in Olanda, con il Den Haag, con cui conquista la coppa nazionale nel 1975. La sua vita da zingaro del calcio lo porta addirittura al Real Madrid, condotto al successo nella Liga 1979-80 e in due Coppe del Re.


Poi il ritorno in Italia, stavolta in panchina. Prima all’Ascoli, con cui viene promosso in Serie A. Poi alla Sampdoria, dove vince uno scudetto (1990-91), due Coppe Italia, una Supercoppa italiana e una Coppa delle Coppe (1989-90). Sulla panchina doriana arriva anche alla finale di Coppa dei Campioni nel 1992, perdendo ai supplementari col Barcellona. In Italia allena anche Roma, Napoli e Perugia. Mentre per ben due volte diventa c.t. della sua nazionale, con cui finisce la carriera nel 1992 dopo l’Europeo.

Gasport

Fonte: gazzetta


18/04/2015 00:00
 
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Addio a Livio Forma, voce storica di
"Tutto il calcio minuto per minuto"

Il celebre radiocronista si è spento a settantadue anni nella sua casa di Aosta a causa di un male incurabile.
Nella sua carriera ha raccontato anche 5 campionati del mondo di calcio e 8 Olimpiadi


Livio Forma, storica voce del calcio italiano, è morto questa sera nella sua abitazione di Aosta. Aveva 72 anni ed era malato di cancro. Dal 1985 era una delle voci principali della trasmissione "Tutto il calcio minuto per minuto". La sua prima radiocronaca fu lo 0-0 tra Cremonese e Varese in serie B il 7 febbraio 1982. Nella sua lunga carriera - nonostante la pensione nel 2010 era rimasto nello staff della trasmissione - ha raccontato anche 5 campionati del mondo di calcio e 8 Olimpiadi tra estive e invernali.

Gasport

Fonte: gazzetta


29/05/2015 22:56
 
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Addio Bruno Pesaola, Napoli piange il 'Petisso'


Scudetto su panchina Fiorentina, fu famoso per cappotto cammello





Un piede sinistro capace di disegnare con il pallone traiettorie perfette destinate ai compagni d'attacco, il cappotto portafortuna color cammello indossato da allenatore anche sotto il solleone, 40 sigarette fumate ogni giorno, anche di domenica sulla panchina, ed un amore grande e smisurato per Napoli, ''un posto dove non ti senti mai solo''. Questo era Bruno Pesaola, il 'Petisso', che significa piccoletto (era alto 1 metro e 65 centimetri), calciatore ed allenatore, morto a Napoli alla soglia dei 90 anni.



La sua geniale abilità sulla fascia sinistra del campo da gioco, le sue fantasiose strategie sulle panchine di mezza Italia, ma soprattutto una lingua saettante più del piede sinistro ed una simpatia innata, ne hanno fatto uno degli uomini più amati del calcio, per oltre un trentennio. Nacque nel quartiere Avellaneda di Buenos Aires. Il padre, Gaetano, era un calzolaio di Montelupone, in provincia di Macerata, emigrato dopo la prima guerra mondiale in Argentina, dove aveva sposato una spagnola di La Coruna. Pesaola arrivò in Italia, ingaggiato dalla Roma, nel 1947 dopo aver giocato in patria per cinque anni nel River Plate sotto la guida del mitico maestro Cesarini, anche lui di origini marchigiane e dove, nelle giovanili, fu compagno di squadra del grande Alfredo Di Stefano.



A Roma giocò per tre anni e, assieme al calcio, visse una vita ricca di divertimenti. Diventò amico di attori importanti, frequentava Dapporto, Rascel e Walter Chiari che gli diede una parte nei film 'L'inafferrabile 12' e 'L'inafferrabile 13'. Ma il destino lo spingeva verso Napoli. Dal Novara, dove si era trasferito e dove si era sposato con Ornella, fu ceduto al club partenopeo nel 1952. Con la maglia azzurra Pesaola disputò 231 partite al Vomero e 9 al San Paolo. La città gli entrò subito nel cuore. ''Napoli - diceva - è come il quartiere della Boca, a Buenos Aires: colori, gente, chiasso, allegria, favola, canzoni''. Ed ancora: ''Io sono un napoletano nato all'estero''



Da Napoli non è mai andato via, se non per temporanei trasferimenti di lavoro, prima come calciatore a fine carriera (Genoa e Scafatese) e poi, a partire dal 1961, come allenatore (Scafatese, Savoia, Fiorentina, Bologna, Panathinaikos, Siracusa, Puteolana). Sulla panchina della Fiorentina vinse uno storico scudetto nel 1969 e l'anno dopo la portò fino ai quarti di finale di Coppa dei Campioni. Nel 1985, a 60 anni, disse basta e si ritirò definitivamente nella sua casa di Via Caravaggio, sulla collina dalla quale, guardando verso i Campi Flegrei, lo sguardo incontra lo stadio San Paolo. Pesaola lascia aperto un libro di aneddoti e di ricordi che segnano la storia del calcio italiano.



''Achille Lauro veniva a giocare a scopa con noi. Mille lire a partita. Io e Comaschi lo facevamo vincere, e lui era contento''. Ed ancora: ''Nel 1956 - raccontava al giornalista Mimmo Carratelli - andammo a San Siro e battemmo il Milan di Schiaffino che avrebbe stravinto il campionato. Nel primo tempo 5-0 per noi. Feci due gol al grande Buffon, due li fece Vinicio e uno Posio. A un certo punto, Beltrandi fece un tunnel al Pepe, a Schiaffino. Mi sembrò un oltraggio. Rincorsi Beltrandi e gli diedi uno schiaffone. Così impari a rispettare i campioni, gli dissi''. Il 'Petisso' regalò da allenatore al Napoli il primo torneo della storia della società, la Coppa delle Alpi nel 1966. ''Il Napoli era in un girone e la Juve nell'altro con squadre svizzere. Ultima giornata con le due italiane a pari punti.



Nell'intervallo della gara contro il Servette a Ginevra, col Napoli in svantaggio 0-1, feci annunciare dall'altoparlante che la Juve stava vincendo la sua partita a Losanna e stuzzicai Sivori: 'Lasci la vittoria al tuo nemico Heriberto, bella figura!'. Sivori si scatenò mandando in gol Canè, Bean e Montefusco e il Napoli stravinse (3-1) e conquistò il trofeo. In realtà, la Juve stava perdendo a Losanna e finì sconfitta''. Bruno Pesaola era così, scaltro, furbo, divertente, ma era anche un formidabile professionista del calcio. E così i tifosi lo ricorderanno, con il suo cappotto color cammello addosso, con la sigaretta tra le labbra ed un bicchiere di whisky in mano. Inguaribile amante del calcio, impareggiabile amante della vita.



Fonte: ANSA


24/03/2016 14:19
 
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Johan Cruijff è morto a 68 anni.
Il calcio piange uno dei più grandi di sempre

L’ex fuoriclasse dell’Ajax è scomparso a Barcellona. L’ha stroncato un tumore ai polmoni


Johan Cruijff non c’è più. E’ morto a Barcellona a 68 anni a causa di un tumore ai polmoni. A dare la notizia, il profilo Twitter ufficiale. Nel novembre scorso l’ex fuoriclasse dell’Ajax l’aveva annunciato così la mondo: “Sì, ho il cancro. All’inizio è una cosa che ti lascia di stucco, ma è un fatto e devo affrontarlo con tutta la serenità e la forza possibili”. Il campione olandese è stato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi: premiato tre volte con il Pallone d’Oro, vinse tra l’altro tre Coppe dei Campioni e una finale Intercontinentale. In molti lo considerano secondo solo a Pelé e Maradona, senza contare i campioni di oggi come Messi. Personaggio di grande intelligenza, ha segnato un'epoca in campo con l'Olanda e l'Ajax e poi in Spagna vestendo la maglia del Barcellona, squadra di cui è stato simbolo e poi allenatore. Tanti i successi anche in panchina. Il calcio piange un grande protagonista sul terreno di gioco e fuori. Mai banale, spesso sferzante, i suoi giudizi calcistici venivano sempre accolti come una sentenza, una parola definitiva.

HA GIOCATO ANCHE NEGLI USA — Nato ad Amsterdam il 25 aprile 1947 e padre di tre figli (Chantal, Susilla e l’ex Manchester United Jordi), da calciatore ha giocato 12 stagioni nel campionato olandese (nell’ Ajax dal 1964-65 al 1972-73 e dal 1981-82 al 1982-83; nel Feyenoord nel 1983-84) segnando 223 gol in 307 partite; 6 stagioni nel campionato spagnolo (nel Barcellona dal 1973-74 al 1977-78; nel Levante nel 1980-81) con 48 gol in 140partite; 2 stagioni nel campionato statunitense (Los Angeles Aztecs nel 1979; Washington Diplomats nel 1980) con 25 gol in 53 partite. Con la nazionale olandese ha disputato dal 1966 al 1977 48 partite e ha segnato 33 reti, risultando finalista al Mondiale 1974.

Da calciatore ha vinto una coppa Intercontinentale (1972), una Supercoppa d’Europa (1972), 3 coppe Campioni (1971, 1972 e 1974), 9 campionati d’ Olanda (1966, 1967, 1968, 1970, 1972, 1973, 1982, 1983 e 1984), un campionato di Spagna 1974, 6 coppe d’ Olanda (1967, 1970, 1971, 1972, 1983 e 1984), una coppa di Spagna (1978) e 3 Palloni d’ oro (1971, 1972 e 1974).


GRANDE ALLENATORE — In panchina ha guidato l’ Ajax, dal 1985-86 al 1987-88, conquistando 2 coppe d’ Olanda (1986 e 1987) e 1 coppa Coppe (1987); il Barcellona, dal 1988-89 al 1995-96, vincendo 4 campionati di Spagna (1991, 1992, 1993 e 1994), una coppa di Spagna (1990), una coppa Coppe (1989), una coppa Campioni (1992) e una Supercoppa Europea (1992).

Gasport

Fonte: gazzetta


03/04/2016 16:42
 
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SUPERSAGGIO
Morto Cesare Maldini, aveva 84 anni

Da capitano del Milan alzò al cielo la prima Coppa dei Campioni italiana, a Wembley nel '63.
Fu vice di Bearzot ai Mondiali vinti in Spagna nell'82, e tre volte campione d'Europa come tecnico dell'Under 21.
Oggi il Milan in campo a Bergamo con il lutto al braccio


È morto all'età di 84 anni Cesare Maldini, difensore e bandiera del Milan (come sarebbe stato poi suo figlio Paolo), ex ct della Nazionale e dell'Under 21. Nato a Trieste il 5 febbraio 1932, ha militato nel Milan dal 1954 al 1966 disputando 347 partite (con 3 gol) e vincendo 4 scudetti, una coppa Latina e, nel 1963, da capitano, alzò nello stadio di Wembley, la prima coppa dei Campioni conquistata dal Milan (e dal calcio italiano) dopo aver battuto il Benfica di Eusebio.


Con la maglia azzurra ha disputato 14 partite, tra cui 2 nel Mondiale del 1962 in Cile. È stato anche capitano della Nazionale, nella stagione 1962-63. Da allenatore portò il Parma dalla C1 alla B, dopo essere stato il vice di Nereo Rocco al Milan e dopo aver guidato il Foggia e la Ternana. Nel 1980 diventa vice di Enzo Bearzot in Nazionale, carica che ricopre quando, nell'82, l'Italia vince i Mondiali in Spagna.


Sei anni dopo inizierà un decennio alla guida dell'Under 21, con la quale vince il campionato europeo per 3 anni consecutivi. Nel 1998 guida la Nazionale ai Mondiali in Francia, perdendo i quarti di finale ai rigori con i padroni di casa che poi vinceranno il titolo. Dopo l'esperienza mondiale da Ct, `Cesarone´ diventa capo coordinatore degli osservatori del Milan, siede sulla pancina rossonera come direttore tecnico di Tassotti e Terim. Si qualifica alla guida del Paraguay ai Mondiali in Corea del Sud e Giappone nel 2002, dove esce agli ottavi con la Germania e si dimette.

L'OMAGGIO DEL CLUB — Oggi il Milan scenderà in campo a Bergamo, contro l’Atalanta, con il lutto al braccio e indosserà la maglia bianca, quella delle grandi notti europee, di cui Cesare Maldini è stato grande protagonista.

Gasport

Fonte: gazzetta


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