Pane e libertà

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Lostrys63
00domenica 15 marzo 2009 18:14
Fiction sulla vita di Giuseppe Di Vittorio
«Pane e libertà», la nuova fiction su Di Vittorio

Un solo gesto, in sé rivoluzionario e tale da aprire una nuova epoca: puntare il cannocchiale verso il cielo.
Così il regista Alberto Negrin ha pensato di raccontare la vita di Giuseppe Di Vittorio in «Pane e libertà», con Pierfrancesco Favino nel ruolo del sindacalista italiano: musiche di Ennio Morricone. La fiction in due puntate andrà in onda domenica 15 e lunedì 16 marzo alle 21.30 su Raiuno, coprodotta da Rai Fiction ed Endemol. Nel cast la Rea, Giuseppe Zeno, Federica De Cola, Massimo Wertmuller, Emilio Bonucci, Ernesto Mahieux, Frank Crudele e Francesco Salvi.




Fra gli esponenti più autorevoli del sindacato italiano del dopoguerra, a differenza di molti altri sindacalisti egli non fu operaio ma contadino, nato da una famiglia di braccianti di Cerignola,presso i marchesi Rossi, la classe sociale più numerosa in quei tempi in Puglia. Già negli anni dell'adolescenza iniziò una intensa attività politica e sindacale; a 15 anni fu tra i promotori del Circolo giovanile socialista di Cerignola, mentre nel 1911 passò a dirigere la Camera del Lavoro di Minervino Murge; in seguito avrebbe diretto anche la Camera del Lavoro di Bari, dove organizzò la difesa della sede della Camera del Lavoro, sconfiggendo gli squadristi fascisti di Caradonna con ex ufficiali legionari di Fiume, socialisti, comunisti e anarchici, assieme agli Arditi del Popolo.

Al centro dei problemi del lavoro c'era allora in Italia, come oggi, la questione meridionale. Nel 1912 Di Vittorio entrò nell'Unione Sindacale Italiana, arrivando in un anno nel comitato nazionale. Così come alcuni membri del sindacalismo rivoluzionario egli fu "interventista" riguardo alla prima guerra mondiale, a detta di Randolfo Pacciardi, smentito da Di Vittorio stesso in una intervista a Felice Chilanti.

Di Vittorio, a cui amici e avversari riconobbero unanimi un grande buonsenso e una ricca umanità, seppe farsi capire, grazie al suo linguaggio semplice ed efficace, sia dalla classe operaia, in rapido sviluppo nelle città, sia dai contadini ancora fermi al margine della vita economica, sociale e culturale del Paese. Lui stesso era un autodidatta, entrato nella lotta sindacale e politica giovanissimo, inizialmente come socialista e successivamente – dal 1924, tre anni dopo la scissione di Livorno del 1921 – come comunista (con il PCI fu eletto deputato proprio nel 1924).Condannato dal tribunale speciale fascista a 12 anni di carcere, nel 1925, riuscì a fuggire in Francia dove aveva rappresentato la disciolta Confederazione Generale Italiana del Lavoro nell'Internazionale dei sindacati rossi. Dal 1928 al 1930 soggiornò in Unione Sovietica e rappresentò l'Italia nella neonata Internazionale Contadina per poi tornare a Parigi ed entrare nel gruppo dirigente del PCI.
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