No glam, no sexy: l'eleganza perfetta

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isa46
00lunedì 3 marzo 2008 12:11
PARIGI — No glam. No sexy. All'ultimo giorno la moda parigina detta le sue nuove regole. Voglia di normalità. Voglia di confort. Voglia di idee. Tutto questo e oltre con Lanvin e Miu Miu, per esempio. Mondi opposti che s'incontrano sul terreno delle idee. Nuove. Alber Elbaz, stilista intelligente e buffo e gentile, dice che non è più tempo di drammi e sceneggiate, di bustier e lunghi abiti con la coda. Semplicità e leggerezza, per essere «veloci». Così prende una fettuccia di seta (gros-grain) e costruisce abiti puntandola sullo chiffon: 80 metri per un tubino, 50 per una blusa... Capolavori che poi rielabora drappeggiandoli, pinzandoli, percorrendoli di pences a vista.
Apparentemente una tecnica di bondage, dunque costrittiva, di fatto capi danzanti sui corpi. Trench e cappottini, abiti a sacchetto, piccole giacchine, gonne diritte, camicette precise. Il tutto acceso da gioielli déco incredibili ed enormi. Il nero domina: è una sofisticata leggera dark lady. Che se ne va tra fumi e applausi. Non c'è che dire, la platea ha un debole per l'uomo dal grande papillon e il piede sempre nudo.

Quel che è stato è stato, scordiamoci il passato. Con Miuccia Prada, si sa, è così. Lo dice e lo fa. Il contrario. Senza arroganza. Senza presunzione. Semplicemente perché il già visto, è andato. Quindi che bisogno c'è bisogno di riproporlo. Così la sua Miu Miu (più 50 per cento di fatturato da quando sfila qui a Parigi: da 110 a 220 milioni di euro, in due anni) è quanto di più originale si sia visto in più di un mese e mezzo di sfilate di qua e di là da Oceano e Manica. Una ricognizione su un mondo esplorato e poi abbandonato: lo sport. In chiave sofisticata ed elegante. La vaghezza di un costume da nuoto, l'accenno alle maglie di rete del basket, i bi-tri colori delle divise in triacetato. Cenni e accenni. Perché è tutta seta stretch e non c'è nulla di tecnico. Le t-shirt sono abiti incredibili a sacchetto al ginocchio di macro- rete di raso, fettucce o paillettes. Sotto le tute al ginocchio colorate. «Mute» corte che sono proposte anche da sole. Blouson con maniche raglan, gonne diritte. La cuffietta in testa alla Mugler. Anni Ottanta: come trucco e parrucco. E l'ossessione per le spalle grosse e i fianchi piccoli. Tacchi scultura, déco. È una collezione immediata e facile. Un'idea. Appunto. Come le spille con le iniziali in cuoio su ogni capo, che così diventa personalizzabile. Un sicuro must.

Sono le 15.10 quando da Louis Vuitton irrompe un pazzo che urla «Seat down please! Seat down please! », «Sedetevi, sedetevi! ». Peccato che il folle è il «padrone di casa» quel Marc Jacobs capace di far ritardare una sfilata di due ore, due. Quando irrompe in passerella la sua nuova moda è un sussulto. Terribilmente signora. Terribilmente couture. Terribilmente anni Ottanta. Forme alla Montana. Colori fra i più classici. Vezzi un po' datati come il fez di cuoio sulla testa di ogni modella. O la zeppona con tacco a spillo da 18 centimetri. I pantaloni ampi alla turca. Le giacche con spalle e maniche importanti. Gli enormi colli a cratere. I completi di pelle: la braga come sopra e la blusa camicia con le ruche. Borse in secondo piano: perché più piccole e sempre tono su tono. Non è una collezione facile. Non è la solita ragazza grunge e chic del Marc Jacobs «adorato» dalle giovani donne che contano. Che sia cresciuta? Forse. Ma pure troppo.

Paola Pollo

Corriere





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