DARFUR

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IoBalloDaSola
00lunedì 11 aprile 2005 17:01


Da oltre due anni è in atto una guerra civile che contrappone gli arabi ai darfuriani, che chiedono maggiore considerazione da parte dello Stato.
Le persone non ancora raggiunte dagli aiuti umanitari sono circa 250 mila.




"Le navi che portano il cibo hanno difficoltà ad arrivare a Port Sudan perché viene data la precedenza alle navi che trasportano l'equipaggiamento per le società petrolifere che costruiscono oleodotti"



L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha messo in guardia dal coinvolgimento di organizzazioni umanitarie internazionali nei crimini commessi nel Sudan Occidentale. L'APM saluta gli sforzi ed il lavoro compiuti dalle organizzazioni umanitarie nella regione, ma chiede anche che le organizzazioni e la Comunità Internazionale insistano su un rapido ritorno a casa degli almeno 830.000 profughi. Gli aiuti umanitari non devono favorire la pulizia etnica ed il genocidio, e quindi la Comunità Internazionale deve impegnarsi per scongiurare la definitiva messa in fuga della popolazione dalle regioni rurali del Darfur.
Se i profughi non possono tornare nei propri villaggi prima dell'inizio della stagione delle piogge per lavorare i campi la carestia e la catastrofe umanitaria saranno garantite. Se le milizie e l'esercito sudanese continueranno a impedire il ritorno nei villaggi ai contadini e a non garantire la loro sicurezza, la popolazione della regione dipenderà dagli aiuti umanitari internazionali per almeno altri 14 mesi. Già così la miseria dei contadini del Darfur è in costante aumento poiché essi non possono più vivere del commercio e dei lavori stagionali, attività distrutte dalla guerra.




Intanto gli attacchi delle milizie arabe continuano. Fame ed epidemie potrebbero provocare fino a 350.000 vittime nel prossimo periodo. Nonostante le dichiarazioni periodiche di Khartoum, le milizie Djandjawids continuano a moltiplicare i loro raids contro la popolazione della provincia del Darfour, ai confini con il Chad. Quarantacinque persone sono state uccise la scorsa settimana durante degli attacchi lanciati da milizie filo-governative, ha dichiarato il Movimento di Liberazione del Sudan (MLS), principale movimento ribelle del Darfour.
Secondo l’Onu il conflitto – che dal febbraio 2003 vede contrapposte le truppe governative sostenute da milizie arabe locali e movimenti ribelli sostenuti dalla popolazione ugualmente musulmana ma non araba, ha causato finora almeno 10.000 morti, un milione di sfollati interni e circa 100.000 rifugiati in Ciad. Secondo un rapporto dell’ ICG (International Crisis Group) “la fame e le epidemie potrebbero causare la morte di 350.000 sudanesi nei nove mesi a venire” se non si darà un colpo d’arresto al conflitto nel Darfour [...] Azioni internazionali urgenti sono necessarie affinché il Darfour non si affianchi al Ruanda del 1994 nella memoria dell’onta internazionale”, stima l’organismo a proposito di quella che “i responsabili dell’ONU hanno da tempo dichiarato la più grave emergenza esistente attualmente al mondo.
La stima delle vittime causate dalla “pulizia etnica” in corso (termine che esaspera Khartoum, ma che tuttavia è il solo adeguato ad esprimere ciò che sta accadendo) fatta dall’ICG è superiore a quella dell’Onu, calcolando 30.000 morti dall’inizio del conflitto, all’inizio del 2003.



IoBalloDaSola
00lunedì 11 aprile 2005 17:04
In primo luogo va sfatato il mito della guerra di religione. Le parti in causa lottano per il controllo del territorio e delle risorse e non certamente per imporre uno status religioso. Gli accordi tra il governo centrale e i ribelli impegnati nei vari fronti non sono mai stati applicati in quanto sono tantissimi i gruppi che rivendicano una fetta della torta, mentre gli stessi accordi sono principalmente redatti solo da due parti: il governo di Bashir e lo Spla di Garang. Le scissioni avvenute all'interno dello stesso Spla hanno di fatto moltiplicato i fronti e di conseguenza i gruppi da mettere d'accordo.



Non è migliore la situazione di Bashir, che in seguito a pesanti pressioni interne ha dovuto rilasciare Hassan al-Turabi - leader del Popular Congress, maggiore gruppo di opposizione al governo - il quale sembra molto ben voluto dalla popolazione e dai principali religiosi islamici. Situazione confusa anche in Darfur, dove i gruppi di opposizione armata sono due: lo Sla (esercito di liberazione del Sudan) e lo Jem (movimento per la giustizia e l'ugualianza), i quali si oppongono al governo e alle loro milizie, i fantomatici Janjawid (diavoli a cavallo). Infine, la situazione nelle zone di confine dei Monti Nuba e di Abyei dove gruppi di ribelli di etnia Dinga, che contrastano lo Spla e rivendicano il controllo del territorio e delle zone petrolifere dell'Alto Nilo Occidentale, hanno ripetutamente attaccato i villaggi fedeli a Garang.



vari fronti aperti dalla guerriglia incidono negativamente sull'applicazione dei protocolli di pace redatti tra il governo e lo Spla in quanto rappresentativi di sole due voci e non di tutte le realtà. La base di tutte le dispute è il controllo delle risorse oltre che del territorio. Oltre al petrolio vi sono le risorse idriche su cui avanzare pretese. Gino Barsella ha spiegato molto bene le potenzialità derivanti dall'irrigazione delle zone desertiche usando le acque del Nilo, cosa che per altro veniva fatta in Darfur fino a qualche anno fa e che dava notevoli raccolti di sorgo e altri cereali e che ora viene impedita a causa di accordi tra il Sudan e l'Egitto in merito ai quantitativi di acqua utilizzabili nell'alto corso del Nilo.

Accordi che Garang non contesta, in cambio del controllo sulle risorse petrolifere dei Monti Nuba e del sud, ma che impediscono di fatto ogni tipo di coltivazione alle popolazioni degli Stati attraversati dal Nilo, come per esempio il Kordofan. A completare il quadro vi sono i giacimenti di ottimo petrolio scoperti in Darfur, sui quali le compagnie francesi che hanno fatto le prospezioni hanno da tempo posato lo sguardo. E' chiaro come a questo punto il governo di Khartoum si trovi a dovere intavolare trattative su più fronti, con il risultato di non raggiungere alcun obbiettivo.

Come si evince da queste considerazioni, non vi è in Sudan alcuna guerra di religione ma una serie di forze centrifughe che cercano di ottenere il controllo di parte del territorio e relative risorse. Questa considerazione non è certamente rassicurante, in quanto il rischio di implosione del Sudan è altissimo e le conseguenze che ne deriverebbero sarebbero devastanti, non solo per questa terra e la sua popolazione ma anche per tutta l'area confinante, con ripercussioni inimmaginabili fino alla regione dei Grandi Laghi.

Per questo, si vorrebbe un intervento deciso dell'Onu che, nonostante definisca "storici" gli accordi raggiunti a Nairobi con la risoluzione 1574 del 18 novembre 2004 , ha fatto con la stessa risoluzione un passo indietro nella difesa delle popolazioni oppresse e un incredibile balzo avanti nel riconoscimento della politica di Ahmad al-Bashir, rifiutando la definizione di "genocidio" per quanto sta accadendo in Darfur e superando se stessa quando Kofi Annan ha definito le popolazioni del Darfur "civili a rischio", attivando di conseguenza un incredibile equivoco morale e rifiutando nel contempo la propria responsabilità morale elencata nel mandato costitutivo dell'Onu.

IoBalloDaSola
00lunedì 11 aprile 2005 17:05
Sanremo, necessario un milione di euro per progetto sul Darfur


Thu March 3, 2005 1:03 PM GMT
SAN REMO (Reuters) - Continua la raccolta per il progetto "Avamposto 55" del Festival di Sanremo dedicato alla crisi umanitaria del Darfur, promosso da Paolo Bonolis e che si prefigge di costruire un ospedale e una scuola nella martoriata regione del Sudan.
"L'obiettivo è raccogliere un milone di euro e ci arriveremo", ha assicurato oggi Bonolis, lasciando intendere che sarà lui a coprire l'eventuale cifra mancante per realizzare il progetto.
Nata in collaborazione con il segretariato sociale della Rai, l'iniziativa prevede la realizzazione di un ospedale pediatrico nel quartiere più povero della capitale Nyala, una scuola elementare che potrà accogliere 500 bambini e una struttura satellite con attrezzature e posti letto per far fronte alle emergenze.
"Anche Fimi (Fedarazione dell'industria musicale italiana) e Afi (Associazione dei fonografici italiani) ieri hanno dato un contributo sostanziosissimo per Avamposto 55", ha detto con soddisfazione il mattatore di questa 55esima edizione del Festival, annunciando che nella serata finale di sabato dirà quanto è stato raggiunto, anche grazie ai vari sponsor della kermesse canora.
"Mi auguro che il prossimo Festival ci permetta di mostrare la gioia data alle persone dopo aver messo in piedi questo progetto", ha concluso.
Nel Darfur, sono costanti i conflitti tra le forze governative e ribelli. Secondo l'agenzia sanitaria delle Nazioni Unite, ogni mese muoiono circa 10.000 persone.

www.reuters.com/
IoBalloDaSola
00lunedì 11 aprile 2005 17:07
Andrè aprile 2005
Julie (un'infermiera canadese) ha organizzato una festa al campo profughi per lo staff nazionale per la sua partenza. Eravamo tutti là. Un monte di gente. Canti, balli, giochi, cibo.
Siamo stati proprio bene. Buffe le danze: tutti insieme ma le donne schierate da una parte e gli uomini di fronte. Due muri di persone. Io e Janet ballavamo con le donne, un monte di donne in poco spazio e pochi uomini in un monte di spazio.
Così abbiamo deciso che dovevamo guadagnare terreno. Abbiamo cominciato a spostarci verso gli uomini chiamando le donne perché ci seguissero. Gli dicevamo tal, tal - vieni, vieni - e loro venivano. Abbiamo guadagnato un mezzo metro buono. Poi abbiamo smesso di insistere e loro sono tornate indietro.
Quando è finita la festa ho chiesto all'autista di accompagnarmi direttamente all'ospedale. Là ho incontrato il logista e ho fatto finta di chiedergli un paio di cose di lavoro. In realtà semplicemente non avevo voglia di tornare a casa. Lui ha capito che c'era qualcosa che non andava ed é stato davvero gentile con me. Stava lavorando per rifare l'impianto elettrico dell'ospedale. mi ha chiesto se avevo voglia di aiutarlo ed io ho accettato. Abbiamo chiacchierato e lavorato duramente insieme fino alle 11 di sera.
Siamo stati per delle ore nella stanza del generatore, con il generatore in funzione, nel caldo, nel baccano, lavorando per connettere i cavi. L'ospedale era pieno di gente ed una parte non aveva né corrente né luce.
Un bimbo aveva la maschera per il gas, era in condizioni pessime. Florant un infermiere lo seguiva costantemente. Abbiamo lavorato assieme, tutti e tre, come un'équipe, per fare il lavoro il più velocemente possibile e con meno interruzioni possibili per non far mancare l'ossigeno al bimbo per troppo tempo. Nel frattempo giocavamo e parlavamo del più e del meno.
Ora l'ospedale ha la luce. Il bimbo é morto il giorno dopo. Davvero non c'era niente da fare. Difficile per me pensare che non potevamo fare nient'altro. Difficile pensare che a tutto c'é un limite quando ogni giorno fai del tuo meglio, fai di tutto per la buona riuscita del progetto, e poi vedi che non é mai abbastanza, puoi fare di tutto, ma non sarà mai abbastanza. Allora ti dai dei limiti. Decidi che quello che fai é il massimo che puoi fare e che ci sono delle cose che sono fuori dalla tua portata, nonostante il tuo impegno e la tua buona volontà.

www.medicisenzafrontiere.it/
neve67
00venerdì 22 aprile 2005 00:09
.. e ci vanno di mezzo sempre i bambini!
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