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MODERATORE

SUPERSAGGIO
È morta Sandra Milo.
“Finta oca” in un mondo di uomini, di Federico Fellini disse:
“La sua voce era quella di uno gnomo dei boschi,
malizioso, capriccioso, dominatore”



Sandra si è presa sempre il proscenio anche quando era co-protagonista,
si è fatta desiderare, ed ha desiderato, con sincera sfacciataggine.
Quando la vedi nelle foto d’epoca sottobraccio a Fellini, parliamo del braccio destro,
perché in quello sinistro ci è aggrappata la moglie di lui, Giulietta Masina.
Così se Fellini plasmò per lei l’immagine “dell’ingenua e ribelle femme fatale”
lei in questo vitino stretto e vibrante, sensuale e magnetico, ci si era infilata dentro


di Davide Turrini

La “finta oca” in un mondo di uomini. Sandra Milo ci dice addio senza troppi rimpianti. Novanta anni di cinema, televisione e teatro vissuti tra autoironia, prorompente bellezza, disincanto recitativo. Il nomignolo “Sandrocchia”, che è viaggiato per anni per semplificarne l’umana e divertita spontaneità, non le ha mai reso giustizia. Dicono in tanti, anche un po’ per fretta e sintesi, “musa di”, e aggiungono Federico Fellini. Solo che la Milo non è mai stata l’amichevole compagna, la comprimaria silente, l’ispiratrice per qualcuno.

Sandra si è presa sempre il proscenio anche quando era co-protagonista, si è fatta desiderare, ed ha desiderato, con sincera sfacciataggine. Quando la vedi nelle foto d’epoca sottobraccio a Fellini, parliamo del braccio destro, perché in quello sinistro ci è aggrappata la moglie di lui, Giulietta Masina. Così se Fellini plasmò per lei l’immagine “dell’ingenua e ribelle femme fatale” lei in questo vitino stretto e vibrante, sensuale e magnetico, ci si era infilata dentro fin da quando appare come una fulminante epifania vestita da hostess sulla porta dell’appartamento di Alberto Sordi ne Lo scapolo di Antonio Pietrangeli. Siamo nel 1955, Sandra ha 22 anni e ovviamente spettatori uomini e spettatrici donne su quell’uscio ci lasciano gli occhi. Lei invece su quella soglia ci lascia il passato di povertà economica, di scuola abbandonate, di genitori non proprio ordinari (padre siciliano, mamma toscana) e andando oltre ci trova la magia elevate e sfibrante del cinema. Nel pieno rigoglio popolare di fine cinquanta e inizio sessanta Sandra è diva impegnata, ma anche sfuggente e grintosa.

Nel 1959 è Olga, folgorante bionda all’americana, sigaretta in mano, reggiseno bianco, su un letto mentre si fa spillare gli ultimi risparmi da Vittorio De Sica ne Il Generale della Rovere di Rossellini. Produce, tra l’altro, Moris Ergas che diventa suo marito, soggetto amato/odiato dall’attrice con frequenti liti in pubblico, strascichi in privato (oltre a una figlia, Debora), con una Milo che a casa Ergas preferisce tenere mamma e parenti facendo infuriare il patron greco. Comunque, già nel ’59 siamo ai piani alti del cinema italiano, e poi francese. Lavora con Autant-Lara (prima che la Nouvelle Vague lo travolga) e in Asfalto che scotta di Claude Sautet. Torna ad essere (finta) oca nel quartetto di prostitute che vogliono emanciparsi da papponi e dall’incertezza economica aprendo un ristorante in campagna in Adua e le compagne (ancora Pietrangeli e accanto a un’immensa Simone Signoret). Che dire poi di Vanina Vanini di Rossellini tratto da Stendhal? Milo assoluta protagonista del film con una figura femminile a tutto tondo, aristocratica romana che arde di passione per l’intellettuale affiliato alla Carboneria, Pietro (Laurent Terzieff).

Nel 1959 è Olga, folgorante bionda all’americana, sigaretta in mano, reggiseno bianco, su un letto mentre si fa spillare gli ultimi risparmi da Vittorio De Sica ne Il Generale della Rovere di Rossellini. Produce, tra l’altro, Moris Ergas che diventa suo marito, soggetto amato/odiato dall’attrice con frequenti liti in pubblico, strascichi in privato (oltre a una figlia, Debora), con una Milo che a casa Ergas preferisce tenere mamma e parenti facendo infuriare il patron greco. Comunque, già nel ’59 siamo ai piani alti del cinema italiano, e poi francese. Lavora con Autant-Lara (prima che la Nouvelle Vague lo travolga) e in Asfalto che scotta di Claude Sautet. Torna ad essere (finta) oca nel quartetto di prostitute che vogliono emanciparsi da papponi e dall’incertezza economica aprendo un ristorante in campagna in Adua e le compagne (ancora Pietrangeli e accanto a un’immensa Simone Signoret). Che dire poi di Vanina Vanini di Rossellini tratto da Stendhal? Milo assoluta protagonista del film con una figura femminile a tutto tondo, aristocratica romana che arde di passione per l’intellettuale affiliato alla Carboneria, Pietro (Laurent Terzieff).



Si racconta, peraltro, che Ergas, produttore del film, avesse imposto tagli affinché si eliminasse il personaggio della contessa Vitelleschi (Martine Carol) per dare spazio totale alla propria moglie. La critica oltretutto è spietata e definisce la Milo “Canina Canini”. Non fosse per Fellini che grazie alla presentazione di Flaiano la acciuffa una sera in una villa a Fregene forse staremmo a raccontare d’altro. Il maestro riminese la vuole in 8 e mezzo per interpretare Carla. Nel gineceo del protagonista Mastroianni è quella a cui lui chiede di “fare la faccia da porca”. “Quando lo vidi, alto, i capelli neri, occhi che ti frugavano dentro l’anima, rimasi stregata – spiegò poi la Milo di Fellini. “La sua voce era quella di uno gnomo dei boschi, malizioso, capriccioso, dominatore”.

È qui che comincia il secondo tempo di Milo attrice. Pilota automatico. Che continua fino al 1969. In mezzo ancora Fellini per Giulietta degli spiriti, un Risi misconosciuto ma da recuperare, L’ombrellone, ancora Pietrangeli e tante prime file francesi. La pausa è lunga, almeno un decennio. E quando Milo ritorna il cinema non è più come prima. Il rischio è diventare caricatura. Altro che Canina Canini. E allora Sandra di fede socialista, nenniana fino all’orlo, nonostante il nuovo marito, Ottavio De Lollis, finisce nel turbine di passione per Bettino Craxi. “Un uomo molto impegnato, ma la tenerezza invece richiede tempo, però lui aveva il tempo per l’amore, in questo non si risparmiava. Un amante con la A maiuscola”.

Eccolo il terzo tempo di Sandra Milo. Conduttrice tv – su Rai2 socialista, of course – di Piccoli fans. È il celebre programma durante il quale riceve una telefonata in diretta, scherzo pietoso e cult, dove le si dice che il figlio Ciro sta male ed è grave. Sandra non filtra nulla. Il viso le si piega subito nel dolore e nel pianto, e fugge via correndo e urlando “Ciro, Ciro, Dio mio”. Il quarto tempo, infine, è il giro di giostra delle apparizioni da celebrità tra festival, conferenze e aperitivi cinefili, di quel teatro classico che appartiene ai divi al tramonto. Infine la zampata tv ancora in cerca di luce e fidanzati, tra Mara Maionchi e Marisa Laurito nell’on the road Quelle brave ragazze. Libera e giocosa Sandrocchia, sempre nella parte della finta oca in un mondo di uomini dominato e impachettato al mittente con l’arma di una irresistibile e sincera seduzione.

Fonte: Il Fatto Quotidiano


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