Napolitano: "Non giova non celebrare"
Bossi: "Lo faremo a federalismo approvato"
Il capo dello Stato inaugura i festeggiamenti a Reggio Emilia, dove nacque il Tricolore, richiamando i principi e i valori della bandiera e della Costituzione e chiedendo il loro "obbligatorio rispetto" da parte delle "forze politiche con significativo ruolo di rappresentanza democratica sul piano nazionale". Il leader del Carroccio: "Non giova festeggiare quando tutto è ancora centralizzato a Roma"
REGGIO EMILIA - Inaugurando a Reggio Emilia le celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia, il capo dello Stato Giorgio Napolitano rivolge alla Lega il monito: "A forze politiche che hanno un significativo ruolo di rappresentanza democratica sul piano nazionale, e lo hanno in misure rilevante in una parte del Paese, vorrei dire che il ritrarsi o il trattenere le istituzioni, dall'impegno per il centocinquantenario non giova a nessuno". E ancora, "la premessa per affrontare positivamente" le dure prove che attendono il futuro del Paese "sta in una rinnovata coscienza del doversi cimentare come nazione unita" come stato nazionale "non incline a impulsi disgregativi".
Bossi: "Celebrare? Dopo il federalismo". Dopo una prima replica di Luca Zaia, è il leader del Carroccio Umberto Bossi a ribaltare lo scenario. All'agenzia Agi il Senatùr dichiara: "Celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia senza il federalismo, con tutto ancora centralizzato a Roma, sarebbe una cosa negativa" perché non gioverebbe alle "legittime istanze di riforma federalistica". Poi, all'Ansa, Bossi è ancora più diretto. "Festeggiare i 150 anni dell'Unità d' Italia? Sì, dopo che sarà approvato il federalismo. Se non si attua il federalismo vorrebbe dire che 150 anni sono passati invano. Dobbiamo ricordare quel che disse Cavour a questo proposito. Perchè l'unità d'Italia col centralismo romano non va bene".
Napolitano: "Superare tara centralismo". Su quest'ultimo riferimento di Bossi si innesta l'ultima riflessione di Napolitano, che in serata è a Forlì e parla alla presenza dei consiglieri comunali, tra cui anche due dei tre membri leghisti eletti nel 2009, il capo dello Stato dichiara: "Abbiamo iniziato un cammino di superamento dei limiti e dei vizi di origine della formazione dello stato unitario", un cammino che è proseguito "anche con la Costituzione, che ha previsto in un articolo la valorizzazione delle autonomie" insieme allo "sforzo per superare il vizio di origine del centralismo statale di impianto piemontese". Ora, conclude il presidente, "c'è un cantiere aperto, in corso, sull'attuazione della riforma del titolo V della Costituzione". "Abbiamo ereditato uno Stato che ha anche le sue tare ed è fondamentale che ci adoperiamo per superarle e mi auguro che tutti ci riproviamo in questo spirito unitario".
Calderoli: "Napolitano, sorpresa positiva". Parole che il ministro leghista Roberto Calderoli commenta così all'Ansa: "Ogni parola di Napolitano è una sorpresa positiva. Oggi non mi ero sbagliato nel ringraziarlo per la sua analisi dell'importante momento storico e le sue parole sulle tare del centralismo ne sono una conferma".
Napolitano a Reggio Emilia. Giorgio Napolitano assiste all'alzabandiera in piazza Prampolini, a Reggio Emilia, e apre ufficialmente le celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia. "Non c'era luogo e giorno più giusto per dare il via alla fase più intensa delle celebrazioni" dice il capo dello Stato, ricordando che proprio a Reggio Emilia è nato il tricolore. La bandiera e la Costituzione, assieme ai principi di cui sono portatori i due simboli, saranno al centro del discorso che il presidente della Repubblica rivolge alla folla che gremisce il Teatro Valli dopo aver ascoltato l'inno di Mameli. Presenti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, Sergio Chiamparino, Matteo Renzi e Gianni Alemanno sindaci di tre città che sono state capitali d'Italia, Torino Firenze e Roma. A questo proposito, è polemica a Salerno, dove storici, intellettuali e università lamentano il mancato invito alle celebrazioni del sindaco De Luca e la rimozione del ruolo storico della città, che fu di fatto capitale d'Italia dopo la caduta del fascismo, nei mesi che intercorsero tra lo sbarco alleato e la liberazione di Roma nel giugno del 1944.
"No a visione acritica del Risorgimento". Il discorso del capo dello Stato è ricco di passaggi che riportano le sue riflessioni al presente. "Nel 2010 abbiamo ricordato la spedizione dei Mille e altri avvenimenti del 1860 - premette Napolitano -. Adesso dobbiamo ricordare come nacque l'Italia unita e dobbiamo farlo certamente senza indulgere a una visione acritica del Risorgimento, a una rappresentazione idilliaca. Quel che è giusto sollecitare è un approccio non sterilmente recriminatorio e sostanzialmente distruttivo, un approccio che ponga in piena luce il decisivo avanzamento storico consentito all'Italia dalla nascita dello stato nazionale. Naturalmente bisogna metterlo in luce senza nascondere contraddizioni e perfino storture".
Gli stessi "fondamenti identitari comuni, segnatamente culturali - prosegue il presidente -, sono emersi attraverso un plurisecolare travaglio come propri della nazione italiana ben prima del suo tardivo costituirsi in stato unitario". Il Capo dello Stato, in particolare, elogia la prolusione dello storico Alberto Melloni che ha "soprattutto affrontato senza infingimenti i limiti che segnarono a lungo il riconoscimento del valore comune del Tricolore, e ha fatto la storia della delusione, dello scontento che accompagnò e ben presto seguì il compimento dell'unità, la proclamazione, nel 1861, del Regno d'Italia, e che ha finito per riprodursi fino ai giorni nostri".
"Tricolore e Costituzione, un obbligo rispettarli". Ma, avverte Napolitano, "rispettare la Costituzione e il Tricolore, soprattutto per chi ha responsabilità di governo, è un obbligo". E' il momento del monito del presidente. "Dato che nessun gruppo politico ha mai chiesto che vengano sottoposti a revisione quei principi fondamentali della nostra Costituzione, ciò dovrebbe significare che per tutti è pacifico l'obbligo di rispettarli. Comportamenti dissonanti, con particolare riferimento all'articolo sulla bandiera tricolore, non corrispondono alla fisionomia e ai doveri di forze che abbiamo ruoli di rappresentanza e di governo".
Il capo dello Stato si rivolge poi chiaramente alla Lega. "A forze politiche che hanno un significativo ruolo di rappresentanza democratica sul piano nazionale, e lo hanno in misure rilevante in una parte del Paese, vorrei dire che il ritrarsi o il trattenere le istituzioni, dall'impegno per il centocinquantenario non giova a nessuno".
Non giova, in particolare, connotare il federalismo in via di approvazione con impulsi disgregativi, in un periodo storico che pone il Paese di fronte a importanti e dure prove da superare in campo sociale ed economico. "Vorrei solo dire - afferma Napolitano - che la premessa per affrontare positivamente queste prove, mettendo a frutto tutte le risorse e le potenzialità su cui possiamo contare, sta in una rinnovata coscienza del doversi cimentare come nazione unita, come stato nazionale aperto a tutte le collaborazione e a tutte le sfide, ma non incline a riserve e ambiguità sulla propria ragion d'essere. E tanto meno a impulsi disgregativi che possono minare l'essenzialità delle sue funzioni, dei suoi presidi e delle sua coesione". L'unità nazionale, conclude il capo della Stato "fu la causa cui tanti italiani dedicarono il loro impegno e la loro vita".
Subito dopo il discorso del Capo dello Stato, tanto Chiamparino quanto Alemanno e Renzi sottoscrivono il messaggio di Napolitano. I primi due, in particolare, mettono in evidenza le "incertezze" delle forze al governo sul tema delle celebrazioni (Chiamparino) e l'importanza di non fare del federalismo un "sinonimo di separazione" (Alemanno).
Zaia: "Federalismo, non scelta ma necessità". Finché dal Carroccio non giunge la replica di Luca Zaia. "La miglior risposta che il Parlamento può dare alle celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia è approvare il federalismo - dichiara il governatore del Veneto -. Il federalismo è un movimento centrifugo, non centripeto, unisce se si fa. E poi la riforma era già nelle intenzioni dei padri costituenti nel 1948, ma non è mai stata attuata". "Lo stesso Napolitano - conclude Zaia - ha spiegato che il federalismo non è più una scelta, ma una necessità. Dunque è il tempo che la necessità diventi realtà".
Alle parole di Zaia fanno eco le dichiarazioni di Angelo Alessandri, deputato della Lega e segretario regionale del Carroccio in Emilia Romagna. "Il 2011 più che un anno di celebrazioni deve essere un anno di grandi riforme. Il messaggio di Napolitano non è sbagliato, ma è l'approccio che non condivido. Non è che se si celebra in maniera entusiastica l'unità d'Italia, allora puoi fare anche le riforme. In questo modo sembra quasi che non servano le riforme". "Più che la retorica - avverte Alessandri - servono inviti forti perché tutti indistintamente si mettano attorno a un tavolo per fare quelle riforme che sono urgenti e non più rinviabili per il Paese. Se prendiamo spunto dalle celebrazioni dell'unità d'Italia per fare le riforme ben venga, ma niente retorica".
E nel dibattito si inserisce anche Radio Padania, che apre il suo microfono agli umori del popolo leghista. "Non sempre il presidente della Repubblica ha ragione". "L'Unità d'Italia non è un dogma". "Il 93% dei veneti ha dichiarato che non è giusto festeggiare l'Unità d'Italia", sono alcune delle osservazioni degli ascoltatori dell'emittente vicina alla Lega Nord.
Finocchiaro: "Riconoscersi nell'unità a prescindere". "L'unità nazionale è un valore in cui ci si riconosce a prescindere dall'approvazione o meno di un provvedimento legislativo. Credo che a questo facesse riferimento il presidente della Repubblica oggi a Reggio Emilia. Ed è grave se qualcuno non lo riconosce". Lo dice in una nota Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al senato. "Noi siamo federalisti - prosegue la Finocchiaro - ma il nostro è un federalismo che non divide. L'unità nazionale è un valore costituzionale alla base della nostra convivenza civile. Tutti, soprattutto i ministri della Repubblica, come Bossi, dovrebbero saperlo e riconoscersi in questo principio".
Bocchino: "Federalismo non è complemento unità". Futuro e libertà prende le distanze dalla dichiarazione di Bossi su federalismo e unità d'Italia. "Se queste sono le premesse del federalismo - annuncia Roberto Menia - non sarà difficile per noi votargli contro". E Italo Bocchino, interpellato dall'Agi su quale sia la linea di Fli su questo tema, spiega: "Menia ha correttamente censurato l'atteggiamento di chi vuole condizionare i festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia, con questioni che nulla hanno a che fare con la sostanza valoriale e politica dell'unità del nostro Paese. Quindi Roberto Menia pone una questione politica seria che noi condividiamo". E a proposito della posizione ufficiale dei futuristi sul federalismo, spiega ulteriormente: "Noi siamo a favore, ma siamo contro chi pensa e sostiene che esso sia complemento dei festeggiamenti dell'unità d'Italia o addirittura della stessa unità d'Italia".
Fonte:
Repubblica