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Ispirazione
In una lettera del 1921 indirizzata a Reinhardt Kleiner, Lovecraft racconta di un suo incubo descrivendolo come "il più realistico e orribile che io abbia fatto dall'età di dieci anni"; quel terribile sogno servì come base per la stesura del racconto intitolato Nyarlathotep.
Nell'incubo, Lovecraft riceve una lettera dall'amico Samuel Loveman che gli suggerisce di andare a vedere lo spettacolo itinerante del mago Nyarlathotep, qualora capitasse dalle parti di Providence. Le esibizioni del mago Nyarlathotep consistono in straordinari esperimenti con apparecchiature elettriche, e non appena Lovecraft ha finito di leggere la lettera, ricorda che il mago è da poco giunto in città e non riesce a resistere alla tentazione di andare ad assistere a un suo spettacolo.
Will Murray suggerisce che questa immagine onirica di Nyarlathotep potrebbe essere stata ispirata dall'inventore Nikola Tesla, il quale durante le sue conferenze effettuava frequenti esperimenti con apparecchiature elettriche. Inoltre, Tesla era da molti visto come un personaggio piuttosto misterioso, per non dire sinistro.
Robert M. Price pensa che il nome "Nyarlathotep" potrebbe derivare dalle opere di Lord Dunsany, un autore molto amato da Lovecraft: secondo Price deriverebbe da Alhireth-Hotep, un falso profeta del racconto The Gods of Pegana, e Mynarthitep, una divinità maligna descritta in The Sorrow of Search.
Nelle opere
Nyarlathotep appare per la prima volta nell'omonimo racconto di Lovecraft, scritto nel 1920. In questa storia, il dio viene descritto come "un uomo alto dalla carnagione scura", che ricorda un faraone dell'antico Egitto. Sotto queste sembianze, Nyarlathotep vaga sulla Terra per raccogliere legioni di seguaci che attira e affascina mostrando loro dei meravigliosi strumenti dall'apparenza magica. I suoi seguaci finiscono col perdere pian piano il contatto con il mondo che li circonda, e come sottolinea il narratore del racconto, cominciano a percepire l'imminente collasso della realtà a loro nota. La storia si conclude con il narratore trasformato ormai in un servitore del potente Nyarlathotep.
In seguito, Nyarlathotep compare come personaggio principale nel racconto Alla ricerca del misterioso Kadath (1926/27), in cui si manifesta nuovamente sotto le mentite spoglie del faraone egizio.
Ne La casa delle streghe (1933), Nyarlathotep si manifesta davanti a Walter Gilman e alla strega Keziah Mason sottoforma di un uomo dalla pelle nera, una specie di avatar del demonio.
Infine, in L'abitatore del buio (1936), il mostro con tentacoli e ali di pipistrello che dimora nel campanile della chiesa appartenente alla setta della "Saggezza Stellare" è identificato come una manifestazione di Nyarlathotep.
Nyarlathotep appare quindi in quattro racconti di Lovecraft, nonché in un sonetto scritto dallo stesso autore nel 1929/30. Si tratta del Grande Antico che compare più volte nei lavori dello scrittore di Providence, inoltre il suo nome viene citato frequentemente anche in altri racconti in cui non è il personaggio principale. Per esempio, in Colui che sussurrava nelle tenebre, il nome di Nyarlathotep viene frequentemente citato durante riti in suo onore organizzati dai funghi di Yuggoth. |