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La crisi finanziaria: tutto ebbe inizio con un Nobel
di Mario Margiocco
La crisi che ha portato al fallimento di Lehman Brothers, al salvataggio di Aig e delle agenzie di mutui Fannie Mae e Freddie Mac costerà molto al sistema finanziario internazionale in genere e americano in particolare. Circa 1.500 miliardi di dollari in tre anni, 2007-2009, ha pronosticato quest'estate il Nobel dell'economia Joseph Stiglitz. Vede protagonisti alcuni dei prodotti finanziari più complicati fra quanti furono mai inventati, e computerizzati, da mente umana.
Tuttavia, è anche una storia semplice.
Bisogna partire dalle innovazioni finanziarie di 20 anni fa, e dal mercato, il mercato immobiliare americano soprattutto, di sette-otto anni fa.
Il Bollettino dell'Harvard Business School salutava nel 1997 il Nobel a un suo professore, Robert C. Merton, con queste parole: «In effetti, usando la formula di Merton, diventa possibile costruire un portafoglio virtualmente privo di rischi». Detto semplicemente, spalmandoli su così tanti prodotti e soggetti economici da rendere il rischio zero, o quasi. C'è chi, pur apprezzando questi prodotti se usati con prudenza, non ha mai creduto al loro valore taumaturgico. Altri, e sempre più, fra cui le grandi banche di Wall Street, alla fine li presentavano come il toccasana. Il tempo crea assuefazione, se tutto fila liscio. E i derivati, così si chiamano, rendevano ottime commissioni.
Come nasce la bolla immobiliare
Venti anni dopo (il Nobel a Merton e nel '95 a Robert E. Lucas, il vero custode della teoria, arriva alcuni lustri dopo le scoperte matematiche), entra in scena il mercato immobiliare americano.
I tassi sono bassi. Con la sicurezza garantita dalle formule per i derivati, e prodotti analoghi, i mutui vengono offerti anche a chi al minimo stormir di fronde potrebbe avere difficoltà a pagare. Non importa, il valore delle case cresce sempre e quindi chi compera oggi guadagnerà domani. E' la corsa al sogno americano. E le commissioni sono laute per chi emette i mutui, per chi lo cartolarizza, cioè li suddivide, mescola e impacchetta in prodotti finanziari da rivendere. Questi prendono le vie del mondo.
Il meccanismo si inceppa un 18 mesi fa, e si blocca nell'agosto 2007. I prezzi delle case incominciano a scendere, e presto c'è chi si trova col mutuo che vale più della casa. Qualcuno non paga. Il flusso di denaro necessario a onorare le cedole sui titoli legati all'immobiliare e di cui banche, finanziarie e anche stranieri si sono riempiti (rendevano assai più dei titoli del Tesoro), si prosciuga. Incominciano le perdite. I titoli crollano e diventano spazzatura.
La crisi si allrga a macchia d'olio
Incominciano le crisi, le vendite stracciate. E giù giù fino alla nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac, i due giganti semipubblici che dovevano salvare il mercato dei mutui, e che invece hanno avuto bisogno di essere salvati dal contribuente. E i fallimenti a Wall Street. E le perdite nel sistema bancario internazionale, anche in Europa, per fortuna non forti in Italia. Lehman è stata atterrata, più di tutto, da 80 miliardi di titoli legati ai subprime e che nessuno sa oggi quanto valgono.
E non è finita. La nazionalizzazione di Fannie e Freddie ha annientato l'azionariato, dove sono presenti molte banche Usa. Presto sapremo chi resiste alla botta e chi no. E i contraccolpi del fallimento Lehman sono ancora tutti da contabilizzare. Ci saranno altre giornate nere, probabilmente, almeno fino ai primi mesi del 2009. Poi, quando il grosso delle perdite sarà contabilizzato e in qualche modo digerito, si incomincerà a risalire. Non è un '29. Allora il mondo perse la testa. I nazionalismi e le rivalità complicarono maledettamente la crisi. Oggi dovrebbe essere assai diverso. Ma, senza dubbio, costoso come ha dimostrato anche il salvataggio Aig.
IlSole24Ore |